L’appello della mamma di un attivista No Tav ‘Mio figlio non è un terrorista: liberatelo’
Mattia Zanotti, 29 anni, è in cella da cinque mesi insieme ad altri tre giovani attivisti. Con accuse pesanti. E un regime detentivo duro. La madre, Cristina Cicorella racconta la sua storia. E lancia un messaggio: ‘E’ solo un capro espiatorio’
DI TOMMASO CERNO
Nella lunga intervista, Cristina Cicorella ricorda l’arresto: «Si sono presentati a casa sua a Milano incapucciati, alle 5 del mattino, in sei o sette. Hanno minacciato di sfondare la porta, se non aprivano. Sono entrati e hanno installato un dispositivo elettronico nella stanza, credo servisse per evitare la possibilità di comunicare con l’esterno. Preso così, come si fa con Bin Laden». A cui è seguita una custodia in cella rigidissima: «Per dieci giorni non ci fu possibile vederlo e, quando finalmente andammo al carcere delle Vallette, io e suo padre Paolo, le prime parole non riguardavano i treni. Ci ha detto: “Mi dispiace tantissimo che vi abbiano portato in questo posto, questa accusa è una cosa lontanissima da me. Sono scosso, sento di avere i poteri forti contro di me”».
In questi mesi le condizioni della carcerazione sono state dure, con colloqui sospesi a lungo, nessuna possibilità di contatto con altri detenuti: «È un regime detentivo durissimo, un 41 bis cui hanno cambiato il nome. È quello per cui l’Europa parlò di tortura. Mattia è stato costretto alla sorveglianza continua, quello che ha patito di più. Io sono stata un mese intero senza vedere mio figlio».
Fra l’altro è stato già riparato e rivenduto, quindi il danno non era poi così grave», racconta ancora la madre a “l’Espresso”. La donna critica anche le condizioni di sicurezza disposte per il processo di Torino: «È incredibile la militarizzazione della città, inaccettabile. Come mamma di Mattia non mi interessa quanto hanno speso, ma come cittadina sì. O vogliamo parlare della scorta ai giudici popolari? Messa solo per far loro paura, per dire “attenzione, qui c’è il terrorimo” in modo da indurre a un preciso ragionamento. O vogliamo parlare delle regole del processo? Chi entra nell’aula bunker per assistervi, e sarebbe un diritto, viene schedato. E se poi vieni fermato nell’ambito di una manifestazione quella presenza costituisce un elemento di prova circostanziale, come a dire: se tu hai anche partecipato al processo, sei con loro e come loro».
L’intervista integrale sull’Espresso qui in pdf -> Mio figlio non è un terrorista