Nella giornata di ieri ci sono giunte due notizie dal fronte poliziesco-giudiziario della lobby pro-tav.
La prima è la conferma dell’impunità nei confronti di chi, riparato dietro una divisa, nell’adempimento dei suoi doveri istituzionali, frattura le ossa di un manifestante Notav arrestato e ormai immobilizzato. Una conferma che, ne siamo certi, sarà risultata molto gradita nelle Questure di questo nostro “democratico” Paese. Ogni “servitore dello stato” da oggi ha un motivo in più per appagare le sue frustrazioni, massacrando di botte chi manifesta, siano essi gli operai che difendono il posto di lavoro, i precari di ogni settore, gli studenti, ma soprattutto gli oppositori di quella formidabile ruberia di denaro pubblico che è il sistema Tav.
La seconda notizia riguarda la condanna per diffamazione subita da una vecchia conoscenza del Movimento Notav: il giornalista de La Stampa Massimo Numa.
Sia chiaro, tutto si può dire meno che la condanna sia il frutto di un’azione penale condotta in modo super partes da parte della Procura di Torino, solo che, a volte, un piccolo buffetto a chi davvero esagera, diventa inevitabile per quanto ci si impegni in senso contrario (tra l’altro un buffetto proprio piccolo considerando che la condanna consiste in una multa di 500 euro e nel risarcimento di 1000 euro al diffamato).
Rivediamo brevemente i fatti.
Secondo Massimo Numa, il 9 settembre 2011, Maurizio Abbà, geometra e (ora ex) consigliere comunale di Exilles era partito dalla baita Clarea per andare ad assaltare le reti del cantiere di Chiomonte.
Peccato che, in verità, in quel periodo Maurizio si trovasse beatamente dall’altra parte del mondo, in ferie con la sua famiglia
Venuto a conoscenza dell’articolo, pubblicato mentre era ancora fuori dall’Italia, aveva denunciato il fatto alla Procura della Repubblica di Torino.
La Procura, che ritiene di non procedere nemmeno quando ad essere denunciati e documentati sono i pestaggi nei confronti dei Notav, figuriamo gli insulti e le diffamazioni, decise che non vi era alcun reato da perseguire, chiedendo l’archiviazione.
Maurizio incredulo (ma neanche troppo in realtà…) presentò opposizione alla richiesta di archiviazione e il Gip, resosi conto dell’evidente falsità contenuta nell’articolo di Numa, non potè fare altro che ordinare alla Procura l’imputazione coatta.
A questo punto si teneva l’udienza preliminare, dove sia la difesa del giornalista che la Pubblica accusa chiedevano all’unisono il non luogo a procedere.
Anche in questo caso, di fronte all’evidenza documentale della diffamazione, il Gup non potè fare altro che disporre il giudizio davanti al Tribunale.
Dall’udienza preliminare alla conclusione del processo sono passati ben 2 anni (la stessa durata del Maxiprocesso a carico dei Notav, dove però sono stati sentiti centinaia tra testimoni e consulenti tecnici…), e alla fine, è arrivata la prima, seppur mite, condanna di un giornalista nei confronti del quale in questi anni sono state presentate numerose querele da parte dei Notav.
Esemplificativa dell’atteggiamento della Procura, peraltro, è stata la requisitoria finale del PM, tutta incentrata sulla non colpevolezza dell’imputato (addirittura è stata prodotta al Giudice una sentenza favorevole alla posizione di Numa!) salvo poi concludere con la richiesta (inevitabile dopo le bocciature delle fasi precedenti) di condanna alla pena di 500 euro di multa… roba da sdoppiamento della personalità, ma anche di ciò tra i Notav nessuno si stupisce più, consapevoli come siamo che la vera giustizia si ottiene portando avanti le ragioni di una lotta che è ormai parte integrante di noi stessi, non certo con le sentenze dei Tribunali.