Apprendiamo ora dell’archiviazione disposta dal Tribunale di Torino del procedimento penale aperto con la querela di Marta che, nella notte tra il 19 ed il 20 luglio 2013, durante una passeggiata notturna in Clarea, fu fermata unitamente ad altri 8 manifestanti. Il giorno successivo Marta partecipò ad una conferenza stampa denunciando pubblicamente di aver subito violenze, anche di natura sessuale, dagli agenti di polizia che la fermarono e di essere stata ripetutamente insultata, anche da un’agente donna, con gravi epiteti di carattere sessista.
Quella notte le forze dell’ordine accerchiarono i manifestanti e li caricarono picchiandoli selvaggiamente. Tutti i fermati riportarono lesioni che furono oggetto di esplicita denuncia in sede di convalida degli arresti, quando persino il GIP non potè che notare gli esiti delle lesioni cagionate sui loro corpi.
Marta, recentemente assolta dalle incolpazioni mossele, ha dovuto invece subire, come persona offesa, umilianti interrogatori e confronti con coloro che accusava, mentre la Procura per oltre un anno e mezzo ha ostacolato ogni indagine difensiva, si è rifiutata di sentire i testimoni indicati e di indagare i responsabili sino ad una settimana prima di richiedere l’archiviazione del procedimento.
L’archiviazione è stata richiesta attribuendo un’ incondizionata fiducia alle dichiarazioni rese dagli accusati, che hanno ovviamente negato ogni addebito, e ritenendo che Marta avesse male inteso le attenzioni sessuali rivoltele che sono state invece definite come diligenti e doverose manovre di soccorso attuate da agenti scrupolosi.
L’insultante richiesta della Procura ha trovato un altrettanto insultante accoglimento nel provvedimento di archiviazione che arricchisce quella che non può che definirsi una farsa, ritenendo possibile, alla luce della “contrapposizione ideologica della denunciante alle forze dell’ordine” che le violenze denunciate da Marta siano state esercitate non dalla polizia ma dai suoi stessi compagni, tanto più che i poliziotti accusati ma sentiti come testimoni, perché strenuamente non indagati sino alla richiesta di archiviazione, non possono aver mentito in quanto “sottoposti all’obbligo di dire il vero”.
Ma non basta mai: il GIP ha ritenuto del tutto “illogico” che un agente di polizia possa aver sfogato i propri “istinti sessuali” in un contesto come quello di quella notte, peraltro alla presenza di colleghi che avrebbero “dovuto” denunciare quello a cui hanno assistito, così facendo da eco a quanto già ritenuto dalla Procura che aveva considerato inverosimile il racconto di Marta poichè il contesto di scontro tra forze dell’ordine e manifestanti non appariva “il più idoneo a suggerire quel tipo di condotta”; mancando però, sia i soliti Pubblici Ministeri che il GIP, di indicare quale contesto avrebbe potuto essere considerato più idoneo per perpetrare una violenza sessuale degna di credibilità.
Quanto mai opportuno appare poi l’appunto del GIP che ricorda il “dovere” degli agenti di polizia di denunciare gli illeciti a cui assistono, non avendo però evidentemente presente la storica e consolidata abitudine delle forze dell’ordine., peraltro già accreditata e sanzionata da magistrati più coraggiosi, di sistematicamente coprire le malefatte dei colleghi, secondo una tendenza che provvedimenti del genere non possono che incentivare.
Un tale capolavoro di architettura giudiziaria non poteva che concludersi con la libera interpretazione delle ingiurie di carattere sessista proferite da un esponente degli alti ranghi della Polizia di Stato che ebbe a rivolgersi a Marta definendola una “puttana”; scopriamo così che tale signorile epiteto non sarebbe stato rivolto alla malcapitata fermata ma si sarebbe trattato di “imprecazioni generiche”. Un po’ come dire che se si insulta un poliziotto si tratta di oltraggio, mentre se si insulta una manifestante si tratta di generica imprecazione non costituente reato….ed è anche così che finalmente si spiega la “contrapposizione ideologica” tra manifestanti e forze dell’ordine!
VERGOGNA!!!