Sulle incredibile vessazioni subite dai partecipanti alla manifestazione riceverete spero molte informazioni.
Io voglio raccontarvi un episodio che purtroppo è sintomatico del clima di repressione che si instaurando in Europa.
Mentre eravamo chiusi in gabbia nella piazza dove si svolgeva l’evento, si è avvicinato a noi un ragazzo francese giovanissimo e minuto, che mi ha narrato la sua storia delle ultime ore. Giunto a Lyon la sera precedente il lunedì 3 dicembre con altri amici per partecipare alle manifestazioni in programma, mentre stavano cenando in gruppo in un ristorante, hanno sentito battere ai vetri. Guardando fuori hanno intravisto dei poliziotti, che subito dopo sono entrati e hanno gettato un lacrimogeno, intossicando loro e il cameriere che li serviva.
Al mattino della manifestazione, giunti nella piazza dove doveva svolgersi l’evento, sono stati prelevati dalla polizia, portati in caserma, interrogati, schedati e in seguito rilasciati.
Tra l’altro il ragazzo mi ha detto che lui non fa parte di alcun movimento e non ha mai avuto denunce o procedimenti penali. Lo si poteva dedurre dal fatto che fosse letteralmente terrorizzato da quanto accaduto.
Alla fine del suo racconto mi ha chiesto: “ma è normale anche da voi che succeda questo”?
Mi è venuto di rispondergli. “Sì purtroppo sta tragicamente diventando normale”.
Due brevi considerazioni.
La prima è che come sessantenne sono profondamente addolorato, perchè se questa è l’eredità di democrazia e di ideali che lasciamo alle giovani generazioni, devo dire che, a differenza dei nostri padri che almeno hanno scritto l’epica storia della resistenza, abbiamo miseramente fallito.
La seconda è che, prima di arrivare in piazza, dopo aver già subito un’abbondante dose di angherie e vessazioni da parte delle forze dell’ordine francesi, mi era sorto il dubbio che fosse un problema di razzismo verso questi “maccaronis” che avevano osato venire a manifestare in Francia. Visto il racconto del ragazzo e anche in base a quanto accaduto ai manifestanti francesi al momento di lasciare la piazza, devo dedurre che non è così. Si tratta di un razzismo verso il diverso, inteso come colui che, indipendentemente dal colore della pelle, si permette di non allinearsi con il pensiero comune e che ha pure l’ardire di dissentire e manifestare, diventando dunque un nemico da eliminare ad ogni costo, nell’indifferenza di troppi.
Walter Neirotti