Ieri, durante l’incontro con Angela Merkel, Enrico Letta ha precisato che, per ora, non dirà dove prendere i soldi che permetterebbero l’abolizione dell’Imu da giugno. Eppure, per finanziare l’intero programma esposto dal premier nei due discorsi di fiducia, si parla di circa 30 miliardi. Intanto, proprio nei giorni d’insediamento dell’esecutivo, Mario Monti ha confezionato l’ultimo regalo al nuovo governo: secondo l’Allegato Infrastrutture al Def, presentato il 23 aprile, sarebbero circa 142 i miliardi disposti per le cosiddette “infrastrutture strategiche” per i prossimi anni. E, tra le priorità, le Ten-T: le opere di realizzazione delle reti di trasporti europee e dei corridoi paneuropei. Leggasi (anche) Tav Torino-Lione.Costo per i prossimi anni: 31 miliardi. Proprio quanto servirebbe a Letta per il suo programma…
di Carmine Gazzanni – infiltrato.it -1/05/2013
Districarsi tra numeri, dati e cifre non è certo facile. D’altronde stiamo comunque parlando di un allegato al Def, ovvero al Documento di Economia e Finanza. Eppure quanto emerge dal rapporto sul finanziamento alle infrastrutture lascia pensare.
Soprattutto dopo il discorso programmatico esposto dal premier Letta a Camera e Senato: abolizione dell’Imu, nuovi ammortizzatori per i precari, reddito minimo per famiglie bisognose con figli, nuova soluzione per gli esodati ancora non coperti.
Un programma impegnativo che, secondo diversi economisti, dovrebbe avere una copertura economica di circa 30 miliardi di euro. Da qui la domanda: dove prendere i soldi, considerando che le casse dello Stato sono praticamente vuote?
Domanda interessante, senz’altro. Alla quale lo stesso Letta, in conferenza con Angela Merkel, ha preferito non rispondere: “Confermo che manterremo gli impegni e tutto starà dentro quegli impegni. I modi e le forme con cui troveremo le risorse è roba di casa nostra e non devo spiegarla a nessuno”. Come dire: accontentatevi di quanto vi ho detto, il resto sono affari nostri.
Certamente, però, nei prossimi giorni Enrico Letta avrà a che pensare, visto l’ultimo regalino confezionato per il nuovo governo da Mario Monti e Vittorio Grilli. Stando all’allegato Infrastrutture, pubblicato il 23 aprile 2013, sarebbero 142,5 i miliardi disposti per le 190 opere deliberate dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) per i prossimi anni. Una cifra stratosferica che, peraltro, non copre nemmeno tutto l’orizzonte del Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS) che ammonta a ben 1.341 lotti, tra opere, interventi, sottointerventi e ulteriori dettagli, relativi alle 390 opere, il cui costo complessivo presunto di realizzazione sarebbe pari a 374,8 miliardi di euro.
Non solo. Se come detto il CIPE ha deliberato opere per un costo complessivo nei prossimi anni di 142,5 miliardi, al momento, come si legge nel rapporto, “le risorse disponibili ammontano a 78,3 miliardi di euro,che consentono una copertura finanziaria pari al 55% del costo: per il 37% sono rappresentate da finanziamenti pubblici e per il 18% da finanziamenti privati”. Stiamo parlando, dunque, di circa 52 miliardi di soldi pubblici. Tutti destinati, nei prossimi anni, alle “infrastrutture strategiche”. Si legge infatti nell’allegato che “il Governo ha chiuso la fase istruttoria di un numero rilevante di progetti che potranno così essere approvati e avviati a realizzazione nel prossimo triennio per un importo globale prossimo ai 50 miliardi”. Appunto.
Ma di quali opere stiamo parlando? Oltre a priorità obbligate – dai contratti di programma 2014 di ANAS e di RFI al completamento della messa in sicurezza della città di Venezia e della laguna (Mo.S.E) fino alla messa in sicurezza di ponti e viadotti ANAS – ovviamente rientrano nel finanziamento il lungo elenco e delle opere deliberate completate, appaltate o cantierate il cui costo è pari a poco più di 73 miliardi di euro, di cui disponibili 59; e delle opere deliberate in fase di progettazione il cui costo è pari a 53 miliardi di euro, di cui disponibili 12,5.
Una grossa fetta, però, è occupata anche dalle cosiddette Ten-T, opere di realizzazione delle reti di trasporti europee e dei corridoi paneuropei, a cui è dedicato un intero capitolo nel rapporto e che rientrano espressamente tra le “priorità funzionali da supportare finanziariamente nel triennio 2014 – 2016”. Tralasciamo quanto è stato fatto sino ad ora e concentriamoci su quanto bisognerà fare da qui al 2020. Secondo l’allegato, infatti, il corridoio Helsinki-La Valletta costerà all’Italia, per il suo segmento, 12,424 miliardi di euro.
Ed ecco invece la tratta Torino-Lione-Kiev: entro il 2020 bisognerà attivare un finanziamento di 11,480 miliardi di euro. Senza dimenticare altri due progetti: il corridoio 24 Genova-Rotterdam (4,450 miliardi) e il corridoio Baltico-Adriatico (3,521 miliardi). Totale: 31,875 miliardi di euro per opere paneuropee.
Poco più di quanto occorrerebbe per finanziare l’intero programma di Enrico Letta. Si potrebbe prendere qualche miliardo proprio da questo fondo. Magari interrompendo opere su cui c’è stata e c’è tuttora grande discussione come la Torino-Lione. A prescindere dalla bontà o meno dell’opera, infatti, è molto meglio, in periodo di austerity, utilizzare quei soldi per alleggerire il peso della crisi sul cittadino.
Il premier Letta, il suo ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi e il numero uno del Tesoro Fabrizio Saccomanni avranno il coraggio di spostare parte di quel finanziamento sulle politiche sociali? Significherebbe, probabilmente, scontentare i desiderata dell’Europa. Ma riacquistare la credibilità persa in Italia. Il gioco vale – forse – la candela.