di Marta Tondo
Il Centro Studi Sereno Regis di Torino ha ospitato questa sera un incontro con Luciano Gallino, uno dei più importanti sociologi italiani. Tale conferenza si inserisce in un ciclo che si incentra sulla crisi sistemica e globale che sta attanagliando il mondo.
Come Nuovasovietà abbiamo posto alcune domande al professore emerito dell’Università di Torino per capire quale sia la chiave di lettura della crisi presente e soprattutto per trovare una via d’uscita a questo momento così drammatico.
Nel momento attuale, in cui la disoccupazione ha raggiunto livelli assurdi che non permettono di immaginare un futuro, cosa si può fare per creare lavoro?
Innanzitutto non bisogna fare le grandi opere come la Tav, il Muos. Si tratta infatti di opere ad altissima tecnologia: una talpa, per esempio, fa il lavoro di diecimila operai. È necessario invece che si promuovano le “piccole opere”. In Italia ce ne sono tantissime che creerebbero una grandissima occupazione, basti pensare alla situazione delle scuole: il 50%, infatti, non è a norma per quanto riguarda la sicurezza. Ma non è finita qui: la rimessa in piedi degli ospedali che cadono a pezzi, l’inevitabile quanto urgente riassetto idrogeologico, l’investimento nei beni culturali: ogni volta che piove, una parte di Pompei crolla. E poi è fondamentale occuparsi della mobilità sostenibile, della riparazione degli acquedotti che perdono circa il 40% dell’acqua immessa nelle tubature.
Pensate quanti posti di lavoro verrebbero creati, investendo diversi settori e diversi livelli, dall’operaio all’ingegnere e così via.
Inoltre si dovrebbe trarre una lezione dal New Deal che negli anni Trenta in America, grazie a Roosvelt, risolse il problema della disoccupazione. Bisognerebbe creare una, due, o tre agenzie che stabiliscano le regole, gli stipendi, i costi e il resto venga affidato alle imprese locali, alle regioni, ai comuni.
È possibile uscire da questa crisi? O ci sono interessi più grandi delle classi egemoni che vogliono conservare lo status quo?
Tutto quello che è successo, è accaduto perché dei parlamentari hanno approvato determinate leggi. Si pensi al “Patto fiscale” in Italia votato a larghissima maggioranza, questo vuol dire che anche il Pd ha appoggiato questo scempio. Questa legge, imposta da Bruxelles, dalla Merkel e dai tedeschi, impone di rientrare dal debito in 20 anni, con un costo di 50 miliardi di euro all’anno. Perché nessuno l’ha bocciato? Dove sono i deputati? E soprattutto dove sono i cittadini che sono andati a votare?
Tutto ciò che si è fatto potrebbe essere invertito o abrogato se i parlamentarsi si battessero in questa direzione. Emblematico in questo senso è il “disastro Hollande” in Francia. Tutto ciò che aveva promesso in campagna elettorale non è stato attuato. Ben venga la legge per i matrimoni gay, ma il resto se lo è rimangiato.
Ma allora dove stiamo andando?
Non ci poniamo questa domanda, perché andiamo dove ci portano i nostri piedi.
Ma c’è davvero una risposta a questa crisi? E soprattutto c’è qualcuno che possa incarnare questo cambiamento nella classe politica?
Se il massimo a cui si può aspirare è il Movimento Cinque Stelle non so dove potremo finire.
Ripone delle speranze nel nuovo Presidente della Repubblica? Crede che possa portare una ventata di speranza?
Bè se andasse Rodotà perbacco. È lui la scelta migliore. Significherebbe molto per l’Italia, ma non basta. Ci vorrebbero 316 deputati che ad esempio buttino in aria il “Patto fiscale”.