Condividiamo qui di seguito un’intervista all’ex sindaca, ora consigliera, del comune di San Didero Loredana Bellone, pubblicata pochi giorni fa sul sito di informazione www.pressenza.com
Abbiamo la possibilità di intervistare Loredana Bellone, uno dei tantissimi volti della lotta No Tav, con la particolarità che è stata a lungo sindaca, vice-sindaca e ora consigliera a San Didero, uno dei Comuni della Val di Susa, ultimamente al centro delle lotte.
Raccontaci dall’inizio…
Devo raccontare più di vent’anni. Io ho iniziato nel ’99 quando sono diventata vice-sindaca del Comune di San Didero e in quei primi cinque anni di mandato si era molto addentro la problematica del Tav. Ero dipendente comunale a Bruzolo e alla sera ero al Comune di San Didero; era molto impegnativo, lavoravamo tantissimo. E così è stato negli anni seguenti, tanto che sei anni fa ho deciso di andare in pensione, anche per far crescere altre persone. Erano due lavori. Come vice-sindaca e poi per tre mandati come sindaca lavoravo fino alle due o alle tre di notte. Ora sono una semplice consigliera.
Avete sempre vinto?
Si, diciamo così: le varie amministrazioni che si sono succedute sono sempre state liste civiche. Hanno sempre portato avanti la stessa linea programmatica. Con 540 abitanti nessuno ambisce a fare il sindaco; ora l’indennità è un po’ aumentata, ma io prendevo un’indennità di circa 350 euro al mese, perché ero dipendente (il doppio per pensionati, casalinghe o liberi professionisti). E c’erano tante gatte da pelare.
Hai marito e figli?
Ho un marito da 46 anni e una figlia di 43 anni, che ha un ragazzino di 15. Capisco bene la domanda: in effetti ho dato molto alla comunità e meno alla famiglia. Mio marito faceva il camionista ed era spesso via; al sabato e la domenica, quando c’era, cercavo di esserci anch’io. Certo è che io da anni e anni vivo coi ritmi del Tav e della nostra lotta. Ogni notte mi addormento col pensiero di quello che c’è da fare domani, cosa arriverà, a cosa bisognerà rispondere; una bella ansia insomma.
Sei anche presente fisicamente nei momenti di lotta o stai nelle retrovie, nelle istituzioni?
Prima di essere un’amministratrice sono una valsusina; è la mia terra che stanno toccando ed è giusto che io la difenda, quindi ci sono in prima persona; in modo pacifico, cerco di esserci sempre.
In questi trent’anni siete riusciti a “uscire dall’angolo” in cui vi avevano messo, etichettandovi in tutti i modi peggiori?
Qualcosa è cambiato, ma sostanzialmente continuiamo a fare paura, basta guardare la quantità di ritorsioni che ci sono nei nostri confronti, è sufficiente parlare in un megafono e sei un terrorista. Dai solidarietà agli ultimi e vieni incarcerato. Continuano a trattarci come terroristi e questo fa molto male. Nel 2011, io, il vicesindaco di allora e Alberto Perino siamo stati puniti per aver bloccato un sondaggio geognostico (ossia una raccolta di campioni dal terreno), che poi non hanno mai fatto. Arrivò una multa pazzesca. E le multe poi sono diventate migliaia.
Come è il rapporto tra sindaci in valle?
Fino alla tornata precedente eravamo più compatti, c’era una vecchia guardia che si conosceva e conosceva bene la vicenda e la lotta. Ora ci sono alcuni sindaci giovani o alla loro prima esperienza che proprio per questo possono lasciarsi non dico abbindolare, ma fuorviare. Non hanno ben chiaro come difendere il Comune e i passi da fare, oppure vanno dietro alla maggioranza per paura di fare la voce fuori del coro; bisogna lavorare molto. Certo poi ci sono i Comuni non coinvolti dalla costruzione del Tav e alcuni sono proprio Si Tav, per esempio quelli dell’alta e altissima valle, o della Val Sangone, che vedono solo il profitto e non si curano dello scempio della Val di Susa.
Perché adesso si parla molto di San Didero?
Perché qui vi è la possibile nascita di un nuovo autoporto, un parcheggio per i camion; serviva quando c’erano le dogane, per lo sdoganamento, lo scambio tra i rimorchi, il controllo della finanza. A suo tempo lo fecero a San Didero, un autoporto fantasma direttamente dagli anni ’70 che avrebbe dovuto provvedere ai controlli doganali per 500 autotreni al giorno. Il territorio di San Didero venne scelto perché pianeggiante e facilmente collegabile alle due statali, ma all’ultimo, poco prima di entrare in funzione, venne abbandonato come una delle tante cattedrali nel deserto e fu invece fatto a Susa.
A sorpresa, nel progetto del 2013, ricompare l’autoporto di San Didero, ma dopo un po’ non se ne parla più… Nell’ultimo anno sembra che questo progetto riparta, tanto che, nell’aprile scorso, arrivano le forze dell’ordine in massa per prendere possesso di quei terreni: due chilometri di forze armate, a piedi, sui mezzi. I ragazzi presidiavano quel terreno perché si sapeva che c’era qualcosa nell’aria e quando è arrivata la polizia sono rimasti lì asserragliati per 3-4 giorni.
Nel giro di poco tempo è stato fatto un altro fortino, come ne abbiamo conosciuti altri in valle. Jersey, un metro e mezzo di cemento, rete in alto e poi la cosiddetta “concertina”, il filo spinato tipo israeliano: tre metri e mezzo di recinzione. Sembra un carcere: dentro ci sono una quarantina di uomini delle forze dell’ordine per ogni turno. Sono lì a presidiare un luogo dove NON stanno lavorando, altri soldi dei contribuenti gettati via. Gli italiani devono capire che quei soldi sono di tutti e in questo momento servono a pagare persone che stanno tutto il giorno con un telefonino in mano o sui sedili delle auto ad aspettare il fine turno in un piazzale polveroso.
Hanno costruito una rampa dall’autostrada per arrivare e/o uscire direttamente all’interno del cantiere, c’è un po’ di via vai, ma in sostanza nulla. Hanno sbancato diversi alberi, unico polmone verde nella piana di Bruzolo/San Didero. Noi abbiamo chiesto come sindaci di fare un sopralluogo. Secondo il responsabile di TELT, la ditta che sta costruendo il TAV, l’oggetto che abbiamo messo nella richiesta non va bene: dobbiamo togliere il termine “paesaggistica”. Va bene, lo togliamo. Concordata la visita per il 22 settembre, il 18 mi richiamano dicendo che bisogna cambiare di nuovo l’oggetto, così non possono dare l’autorizzazione, bisogna togliere “sopralluogo” e mettere “visita di cortesia”… Ci siamo rifiutati e intanto la data è saltata… I giochi sono enormi, siamo delle formiche che disturbano e veniamo trattati come tali. Ma noi non molliamo di fronte a questa prepotenza.
Che seguito ha il movimento nei vostri Comuni?
Ora come ora c’è molta indifferenza, a più della metà, credo, non gliene frega niente, soprattutto se toccano i terreni degli altri. C’è da dire che questo maledetto autoporto è po’ lontano dal paese, in una zona piuttosto abbandonata che è stata spesso vista come una discarica a cielo aperto.
Sarebbe un parcheggio per tir pesanti e anche questo cozza fortemente con un progetto di TAV, di linea di treno ad alta velocità. E così un’ennesima assurdità! Mentre si continua a “sognare” una linea di alta velocità su rotaia si investe e si spende per far spazio ai camion.
Ma non avevi detto che l’autoporto era stato poi aperto a Susa, a soli 14 km?
Si, ma quello verrà smantellato perché dovrà fare spazio alla nuova stazione; è una follia. Susa non si riconoscerà più! Anni e anni di distruzione. Inoltre, va ricordato che in un tratto di circa km 70 rischiamo di ritrovarci con tre autoporti (Susa, S.I.T.O., Orbassano e Pescarito – San Mauro Torinese).
Come sta il movimento? Si accusa la stanchezza?
Diciamo che c’è stato un momento di difficoltà, ma è naturale, sono trent’anni che andiamo avanti. Abbiamo perso tante anime perché gli anni passano e molti vecchi ci hanno lasciato, ma c’è da dire che abbiamo seminato bene perché ci sono adesso tantissimi giovani che vengono su e stanno prendendo il testimone egregiamente. Certo i giovani sono più inesperti e impetuosi e ogni tanto c’è bisogno di qualcuno più anziano che li calmi un po’, che eviti che si facciano male.
Ti sembra che i nuovi movimenti ambientalisti composti da giovanissimi abbiano colto il valore della vostra lotta?
Lo hanno colto eccome, vengono alle riunioni, ci si confronta, c’è una bella rete con questi ragazzi e ragazze. E questo avviene in tutta Italia, anche perché ci siamo mossi e siamo andati a raccontare quello che succede nella nostra valle. I ministri, il governo, non dovrebbero aver paura di noi, dovrebbero venire qui, ascoltare, guardare e si renderebbero presto conto dell’assurdità, dello spreco. Credo che in questo momento chi tira le fila non sia neppure più il governo, ma direttamente le ditte, le multinazionali che hanno i loro potenti interessi qui. Non è normale vivere in questo territorio militarizzato, vedere costantemente polizia, carabinieri, Digos… Quando esco alle sei di sera incrocio magari un paio di agenti della Digos che fanno footing, ormai li riconosci subito…
Inoltre nella zona recintata il sabato si faceva un mercato dei contadini e dal momento che il nostro paese non ha negozi, era davvero prezioso. Il mercato ha dovuto spostarsi in un parcheggio di fronte, ma è indubbio che le presenze e le vendite sono molto calate; la gente non ama stare di fronte a un luogo che sembra Alcatraz.
Non vedete segnali di stanchezza tra le forze dell’ordine?
Sì, in effetti danno l’impressione di non poterne più. Un giorno ho incontrato lungo il canale un paio di giovani veneti della polizia che si aggiravano sperduti e gli ho detto col sorriso: “Ma ragazzi, cosa fate qua? State facendo la guardia al nulla…” “E lo dice a noi signora? Noi andremmo proprio a fare altro… Ci mandano…” Sicuramente anche loro sognavano la carriera o comunque un lavoro più gratificante che fare la guardia a della ferraglia in un recinto di filo spinato.
Dove sono alloggiati?
A Torino e cintura, in albergo. Poi bisogna vedere se tutti gli alberghi saranno pagati, è già successo con le Olimpiadi o con i fatti di Venaus del dicembre 2005, quando si dice che non tutti gli albergatori siano stati pagati dallo Stato e comunque quando è successo è stato con molto ritardo.
Avete una “predominanza maschile” in valle?
Si, ma ti posso dire che le donne graffiano abbastanza. La donna è per natura colei che dà la vita, che protegge; infatti, noi Donne NO TAV siamo per il bene comune e lo difendiamo con le unghie e con i denti. Ci si inventa di tutto per “resistere” sempre un minuto in più di chi invece vuole spianare la valle. Che ci sia il sole o il cattivo tempo, qui si continua a resistere! Si creano delle performance, spettacoli teatrali e tutto quello che può essere utile per unirci; adesso ogni martedì sera, abbiamo la cacerolada, una forma di protesta rumorosa che consiste nel battere su pentole e coperchi. Prima si mangia tutti insieme e poi si va di fronte al fortino e dalle nove e mezza fino a mezzanotte si fa un po’ di baccano; loro sparano qualche lacrimogeno, oppure ti becchi un getto d’acqua. Magari c’è qualche fuoco di artificio e poi si torna a casa. Martedì scorso invece di battere le pentole abbiamo ballato il liscio nel parcheggio.
Secondo te c’è davvero qualcuno che crede che un giorno ci sarà il TAV in val di Susa?
No, secondo me non lo credono neanche i fautori dell’opera. Il progetto è vecchio di trent’anni ed era già vecchio allora! È chiaro che non hanno voglia di potenziare l’esistente, perché la linea attuale, lo abbiamo detto mille volte, è sottoutilizzata. Gli interessi sono altri. Faranno tanti cantieri e vorranno andare avanti così, cercando magari di unirli, di fare un unico cantiere da Salbertrand a Torrazza Piemonte: un’altra follia, perché diventerebbe un cantiere di chilometri e chilometri, con poche possibilità di fare i controlli sul trasporto delle pietre e rocce di scavo.
Come ti immagini la situazione tra cinque o dieci anni?
Non so cosa succederà, ma bisogna dire che la lotta NO TAV ha rivitalizzato la valle, ha creato dei momenti di aggregazione che si erano persi. Ha unito le generazioni e fatto uscire uomini e donne di casa. Abbiamo fatto tanta informazione, qui tutti sono informati, preparati. Mi viene da dire che se abbandonano questo progetto delirante, come speriamo, bisognerà inventarci qualcos’altro.
È stata una lotta che ci ha insegnato tanto, una battaglia per il futuro, con i suoi momenti duri, difficili, lo sconforto e l’euforia, gli incontri, le fatiche. Ci sono più generazioni insieme, tante anime diverse, non senza difficoltà, ma si è riusciti a coinvolgerle e tenerle insieme. E adesso vedo magari dei giovani che una volta erano alle manifestazioni sul passeggino…