Pubblichiamo qui di seguito una lettera scritta da Beppe, No Tav ai domiciliari dal 9 aprile scorso per volontà del tribunale e della procura torinese poichè accusato di “resistenza” in Clarea in occasione dei festeggiamenti del Capodanno 2015 organizzati dal movimento.
Un’operazione pretestuosa la loro, in cui Beppe non viene accusato di aver esercitato violenza contro un funzionario di polizia, bensì di aver leso il prestigio e l’interesse della Pubblica Amministrazione come potete leggere da un estratto del dispositivo: “….poichè l’ oggetto giuridico protetto è la tutela del corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione nonché il prestigio della stessa e non occorre che la violenza ponga in pericolo l’integrità fisica del soggetto passivo essendo sufficiente il mero impedimento dell’atto da parte del pubblico ufficio proprio in quanto il DELITTO va a ledere gli interessi della Pubblica Amministrazione e non la persona fisica del funzionario.”
Appare chiaro quindi come l’essere No Tav sia sufficiente all’oggi per far credere ai giudici e pm di potersi assumere la gestione dell’ordine pubblico, inquisando ed isolando i No Tav attivi, infliggendo loro misure restrittive e coercitive.
A Beppe non è stato permesso dal giudice di recarsi dal proprio avvocato a Torino…pensano forse che ai No Tav debba anche essere negato il diritto alla difesa? Detto questo, in attesa della risposta del Tribunale alla sua richiesta di poter almeno andare a lavoro, ecco la lettera scritta da Beppe e recapitata anche al giudice in oggetto.
Per quanto ci riguarda, sosterremo Beppe in qualsiasi decisione voglia prendere perchè da queste parti ogni percorso lo si fa insieme. Nello scrivere questo rinnoviamo la solidarietà anche Daniele, Checco e Jacopo, anche loro giovani No Tav tutt’oggi sottoposti agli arrresti domicialiari per colpa dei soliti procuratori e dei soliti giudici del Tribunale di Torino.
Avanti No Tav!
Beppe libero, liberi tutti!
Egregia Dottoressa Bianco ,
Non sono qui a chiedere la grazia ma allo stesso tempo non ci sto a fare il carceriere di me stesso.
E’ passato più di un mese da che sono costretto ai domiciliari e le mie condizioni economiche non mi permettono più di fare fronte al pagamento delle bollette e fare materialmente la spesa per il cibo.
Tenga conto che di tutti i miei precedenti penali non ho fatto più di dieci giorni di carcere ed in cinquant’ anni suonati non conosco altra maniera di vivere se non come uomo libero .
Inoltre dal 2009 ho iniziato una convivenza con la mia compagna Monica andando ad abitare a Giaglione, facendo la scelta di andare a vivere fuori città , in montagna, rinunciando alle comodità e sicurezze per la mia sensibilità alla tutela ambientale e salvaguardia del territorio montano .Infatti sono più di sei anni che faccio quelle che sono le attività tipiche dei montanari:
la raccolta di piccoli frutti, di funghi, legna da ardere in cambio della pulizia dei boschi , sistemazione e manutenzione dei muretti a secco e canali irrigui ed in ultimo, non per importanza , ma per il fabbisogno alimentare conduco anche un orto e un frutteto affidatomi da un anziano del paese .
Considero questi arresti domiciliari ingiusti perché penso che la giustizia non dovrebbe essere utilizzata come strumento di controllo e repressione sociale. In questa situazione mi sento condannato per le mie idee politiche ancor prima di essere giudicato per i reati di cui sono accusato.
Da Lei mi è stato anche negato di recarmi dal mio legale .
Delego il mio avvocato a concordare eventuali forme meno afflittive di controllo che mi permettano di svolgere le attività sopra descritte.
Questa è la mia richiesta di libertà .
Nella mia situazione non mi rimane altro mezzo per oppormi a quello che considero un sopruso e un’ingiustizia : nel mese di giugno entrerò in sciopero della fame.
Mi riservo inoltre di rendere pubblica la medesima per mettere a conoscenza della mia situazione l’opinione pubblica e la società civile .
Distinti saluti.
Giuseppe Lizzari
Giaglione, 25 maggio 2016.