Car* tutt*,
è da poco finito il presidio sotto il carcere ancora sorrido delle parole e della musica che mi/ci avete regalato.
Oggi abbiamo festeggiato il compleanno di una compagna detenuta e la liberazione di un’altra, a me molto cara. La vita in sezione può essere ricca di emozioni e quello di oggi è stata una buona giornata.
Il covid è ormai un nostro convivente, mi risulta che il carcere di Torino sia tra quelli con più contagi del Paese. Il precedente Decreto Ristori non ha apportato differenze sostanziali alla situazione emergenziale della popolazione carceraria, il covid ha colpito credo ormai oltre il migliaio di detenuti e provocato diversi decessi. Tutto questo non sarebbe dovuto accadere, ma non è stato impedito da un governo più interessato ai sondaggi e alla tarantella delle poltrone che alla giustizia sociale. Non mi sorprende, che ve lo dico a fare.
Diverse iniziative meritevoli si sono invece strutturate all’interno della società, dagli appelli alle proposte, dalle proteste dei detenuti agli scioperi della fame. Un mondo variegato che ha provato a mettere all’ordine del giorno nell’agenda politica le condizioni di vita di una popolazione già pesantemente derivata, ma come tante voci di questo paese siamo pressoché ignorati.
Qua continuiamo quindi a chiederci quando verrà riconosciuto il nostro diritto alla salute e all’affettività, elementi prioritari di una vita che possa essere definita dignitosa.
Ho seguito con attenzione le mobilitazioni a ridosso del 8 di dicembre e quelle in risposta all’allargamento del cantiere. Certo è che in tempi come questi ci vuole davvero una buona dose di ipocrisia, mista ad arroganza, a militarizzare un intero territorio ad una popolazione già affaticata dalla pandemia. Sempre di più la Valsusa viene trattata come una zona di guerra ove il nemico, il No Tav, viene approcciato con violenza e senza rispetto.
Ancora una volta ci siamo difesi, una giusta resistenza per riaffermare il nostro diritto a vivere in un territorio non devastato ed inquinato. Questi siamo noi, più coraggiosi di ogni esercito mercenario ed i burocrati in doppiopetto alla ricerca di guadagni e potere.
Ogni articolo che ho letto in questi giorni, ogni passaggio nei vari TG, mi ha reso immensamente orgogliosa della nostra lotta. Per noi continua, dopo 30 anni, l’esigenza di mobilitarci. Alla “moda nostra”, con intelligenza ed inflessibilità.
Io oggi raggiungo i tre mesi di detenzione e sono francamente convinta che ne passerò qui ancora altri, pertanto non mi fa particolarmente effetto questa scadenza. La privazione della libertà e qualcosa cui non ci si può abituare, piuttosto ci si adatta a vivere nel miglior modo possibile in una situazione deprivata. L’istinto di sopravvivenza è qualcosa di incredibile e per fortuna in me è decisamente attivato.
Sono quindi iperattiva, mi sveglio presto al mattino (6-6.30), ben prima che i rumori delle lavoranti e le voci delle vicine di cella inizino ad animare i corridoi. Mi piace aprire la finestra e sentire sul volto l’aria sferzante che sa di natura e vita. Mi soffermo a guardare il cielo che lentamente schiarisce, mentre sale il caffè preparato sul fornelletto a gas.
Poi inizia la giornata.
Colgo tutte queste opportunità che mi si presentano per muovermi e tenermi impegnata, mentalmente fisicamente. Poi studio, leggo e nel weekend e nelle giornate meno fredde giochiamo a pallavolo, terza sezione contro la prima, è molto piacevole.
Ragionavo giusto ieri su quanto tempo sia stato liberato dall’assenza di internet e degli smartphone. Non che non mi manchi l’immediatezza dell’informazione e la comunicazione diretta, sia chiaro, ma mi sento più attiva mentalmente, più invogliata alla riflessione e, soprattutto, al pensiero libero. Me ne ricorderò, una volta fuori di qui.
Concludo il racconto della giornata dicendovi che quando alle 20 circa viene chiamata la chiusura e dobbiamo rientrare in cella, poco dopo chiudono il blindo e dormiamo. Arrivo abbastanza stanca a fine giornata, e questo è un bene! Tutto ciò per confidarvi che, nonostante le circostanze sto bene. Ho delle nostalgie, ovviamente, che a volte mi spezzano il fiato, ma il sostegno che continuo a ricevere, le mobilitazioni che si danno e la presenza amica delle compagne detenute rinsaldano quotidianamente lo spirito e fanno la netta differenza.
Con questa consapevolezza vi voglio introdurre al fatto che, ora non è importante scendere nei dettagli, ritorna ciclicamente da parte dei poteri giudicanti il refrain della presa di distanza dal movimento No Tav, come conclusione sine qua non per accedere alle misure alternative al carcere. Ogni volta che mi si ripropone questo argomento rido. Hanno, giustamente a loro vantaggio, posto un prezzo per la mia libertà che non sono disposta a pagare, quindi mi attrezzo a scontare la mia pena qui, fintanto che non si stuferanno o arriverò al fine pena.
Quanta paura fa la meravigliosa storia del nostro movimento, irrinunciabile e degna! Ogni giorno che passa, quindi, con il male che vorrebbero farmi per vendetta, che sicuramente fanno alla mia famiglia e alle persone care che patiscono la mia assenza, rende ancora più granitico in me l’amore per la lotta e la libertà.
A meno che non capitino grandi cose, questa è l’ultima lettera del 2020. Ci risentiamo il prossimo anno!
Auguro a tutti e tutte buone feste nonostante le limitazioni causa covid che impediranno a molti di stringersi ai propri cari come vorrebbero. Tenete duro.
Car* compagn*, continuate difendere ogni metro, ogni albero, ogni alito di vita della nostra amata Valle. Lottate con forza e coraggio, sono con voi! Avanti notav!
Dana