Giunge ora la notizia, da chi è presente in baita, che stanno cominciando a costruire il famoso muro di cui si parlava al posto delle recinzioni.
Stanno piantando nel terreno delle grosse putrelle ad H in cui infilano pannelli di cemento prefabbricati.
Hanno cominciato proprio nella zona dove si sono concentrati i maggiori “tagli” l’8 e il 10 ovvero di fronte al nostro terreno dove è posizionata la baracca di lamiera.
Ebbene sì, la fantasia militare degli architetti ad alta velocità è arrivata a tanto. Un bel muro per rinchiudersi in quello che oggi non è più solo un simbolico fortino ma un reale forte difeso mano militare 24 ore su 24 da tutte le truppe della declinata repubblica italiana. E’ iniziata questa mattina la costruzione del famoso muro che va a sostituire una delle due recinzioni che perimetrano le aree ad oggi occupate, quella più interna. Fuori dal muro ancora un bel rotolo di filo spinato israeliano e poi ancora una rete. Questa operazione arriva dopo il duro colpo inferto dal movimento no tav nel ponte dell’immacolata, corteo alle reti e tagli il giovedì, ancora reti e tagli il sabato, e ancora un blocco ferroviario la domenica. Momenti di dibattito al teatro Fassino di Avigliana, pranzi a Venaus, polentate alla baita. Storditi dal vortice di mobilitazioni, dopo due giorni di pausa ecco che le truppe si tav si ridestano e sotto tono si avviano alla fortificazione, piano piano, con pochi operai e risparmiando energie e forze in un cantiere che stenta a partire, anzi proprio non parte. Dal 16 agosto 2011, data dell’ultimo allargamento delle reti, polizia e operai (più di cinque per volta non se ne è visti) si sono dedicati esclusivamente alle opere di difesa. Insomma pare che al di là del recinto ci si stia preparando per un lungo inverno in vista di un futuro allargamento. Non manchera’ sicuramente l’occasione per i proponenti l’opera di sbandierare l’avanzamento dei lavori e altro ancora, la verità sta pero’ a Chiomonte e non nei finti servizi televisivi. Per il movimento in buona sostanza poco cambia, anzi, la resistenza e la pressione che in questi mesi è stata portata avanti ha prodotto ottimi risultati. Il cantiere non è partito, la bandiera mediatica rappresentata da un pezzo di suolo valsusino recintato e difeso costa molto cara, le continue mobilitazioni hanno costretto gli archietti a correggere i piani e oggi ancora di più sentono fuori posto e assediati. Non sono state le reti, non sono stati i lacrimogeni e i feriti, non sarà un muretto a fermare la lotta no tav. Chissa se dopo aver svuotato le ferramenta della val di Susa di maschere e tenaglie ora sarà il turno di mazze e picconi? Dichiarare il sito di interesse strategico nazionale, alzare muri, chiudere perimetri con recinzioni non sono segni di forza ma di debolezza. Se poi il tutto arriva con l’ammissione che l’occupazione prevista dei valsusini in questo cantiere sarà di soli 23 addetti per i prossimi tre anni si può tranquillamente dichiarare che siamo alla farsa di un paese al declino comandato da una “classe politica-tecnica” ridicola.