Sono tornata in Clarea. Dopo una lunga camminata tra i colori e le voci di boschi e vigne autunnali, lo sferragliare di mezzi meccanici è la triste premonizione dello spettacolo che ti assale con prepotenza: dove c’erano castagni, betulle, un sottobosco pieno di vita e profumi ora si stende la desolazione di cumuli di macerie punteggiata da lince, ruspe, blindati,trivelle. Unica presenza famiglia
Mentre ritorno, piango di rabbia impotente. Ma ecco che, dietro un avallamento, mi viene incontro la voce del Clarea; mi fermo sul ponte a guardare le sue acque, mi accarezza la brezza leggera che scende dai bosci e scorre come un alito gioioso. A pochi metri dal disastro la natura è forte e serena, più forte della follia di chi la vorrebbe distruggere. Come la nostra lotta, la grande, generosa, caparbia lotta di un popolo che non si arrenderà. Niente lacrime dunque, ma testa, cuore, mani, passi, e voce. Non ci fermeranno.