Oggi in Clarea, accompagnata dalla vasta voce del vento. E’ bello camminare sotto il cielo terso , fra contorni nitidi di boschi, profili di monti che paiono più vicini.
Il terreno del sentiero, fino a ieri di pietra, si fa morbido, vivo.
Ma a rompere l’armonia giunge di lontano lo sferragliare del cantiere. Ed eccolo dispiegarsi in tutta la sua devastazione: una spianata ingombra di manufatti, betoniere, blindati, ruspe, trivelle; e conteiner, camminamenti, argini, piste asfaltate. Sotto la nostra baita (com’è piccola e sola, oltre muri e cancelli, abbattuto anche il ciliegio, suo ultimo, esile compagno) si scorge in costruzione un piazzale di cemento armato.
In fondo, tolte le centine, una trivella, sormontata da una piccola fresa sta trapanando in orizzontale la parete di terra e detriti, piede dell’antica frana. Mi avvicino dalla parte alta. Lo scavo è appena iniziato, procede lentamente, con pochi addetti e un gruppetto di militari che, dall’interno del cantere, mi seguono passo passo, lungo i camminamenti. Sotto la fresa la terra ferita grida un dolore che mi riecheggia dentro.
Sul versante opposto, verso la Maddalena il sentiero è diventato uno stradone che stanno ancora allargando, a ridosso del bosco di betulle: alberi, rocce, voci di primavera paiono sospese, in attesa del peggio.
Quando riprendo la via del ritorno, sul sentiero davanti a me si posa, variopinta, la prima farfalla; poi vola via, leggera.
La vita resiste, la resistenza continua.
Nicoletta Dosio