Pubblicato su il Venerdì di Repubblica – “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti!” è una delle frasi di Pasolini più citate. Da una decina di commentatori è stata utilizzata per descrivere una scena che abbiamo visto qualche giorno fa in televisione. Un manifestante no-tav che parla ad un poliziotto in assetto di guerra e lo chiama “pecorella”. Così sui quotidiani leggiamo “si può evitare di pensare a Pierpaolo Pasolini, alla sua invettiva in difesa di altri uomini in divisa, quei poliziotti che più di quarant’anni fa a Valle Giulia, a Roma, vennero presi a botte dai sessantottini”. Anche su un giornale riformista si scomoda il poeta e si scrive che “gattori sono davvero gli stessi” ma si ricorda anche che, a differenza di quarant’anni fa, oggi in Val di Susa “immobile come una biblica statua di sale, il carabiniere non accetta la provocazione”. E cosa avrebbe dovuto fare? Sparargli come come fanno i criminali che si ammazzano litigando per un parcheggio?
Ma cosa scrisse in quella poesia Pasolini? Era un inno alle forze dell’ordine? Cosa rimproverava agli studenti? Lo dice in due righe. “A Valle Giulia, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri”. Insomma la questione è felicemente ideologica. Il torto sta nell’essere borghesi, non nel contrastare le guardie, tant’è che lo spiega chiaramente in un altro passaggio “Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia” e poi “ma prendetevela contro la magistratura, e vedrete!” Perché non viene citata questa frase quando i militanti valsusini manifestano contro Caselli?
Quella poesia si chiama “Il PCI ai giovani” e non “io simpatizzavo coi poliziotti”. Forse c’è un motivo. Infatti Pasolini consiglia agli studenti di riprendersi il partito comunista “anche se malconcio, per l’autorità di signori in modesto doppiopetto”, mentre nei confronti dei loro coetanei in divisa gli ricorda che “in questi casi, ai poliziotti si danno fiori”. E a rivedere le immagini di quell’uomo con la barba incolta che chiama “pecorella” l’uomo in divisa viene in mente proprio la lezione di Pasolini. C’è stata una provocazione? Forse si, ma del no-tav conosciamo la faccia, il nome e il cognome. Dell’uomo in divisa invece non sappiamo niente. La faccia era coperta da casco e mascherina. Anche questo è possibile giustificarlo scomodando Pasolini?
Ascanio Celestini