I nostri boschi racchiudono tesori inaspettati e gelosamente custoditi dalla montagna. Quella nella foto è uno di loro, la Zerynthia polyxena.
Di questo lepidottero in via d’estinzione, classificato tra le “specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa” secondo la direttiva europea Habitat (n. 92/43/CEE), telt pretendeva di ignorare persino l’esistenza fino a quando alcuni naturalisti notav non ne hanno dimostrato la presenza nelle aree interessate dai futuri lavori del supertunnel nel 2017. La notizia suscitò un certo scandalo. Un gruppo di comuni cittadini, senza fondi, soltanto grazie alla conoscenza del proprio territorio accumulata generazione dopo generazione aveva ridicolizzato i finti studi di “impatto ambientale” sbandierati dalla multinazionale promotrice dell’opera. Peggio ancora, quella che era ormai stata battezzata dalla stampa col nome di “farfalla #notav” rischiava di mettere seriamente a rischio la realizzazione del grande appalto. Le imprecazioni provenienti dal quartier generale sitav si sentivano fino in Clarea: ma perché dobbiamo sempre avere a che fare con questi cocciuti dei valsusini? Avevamo giurato che ci saremmo occupati dell’ambiente invece questi non si fidano, vanno per boschi e fanno spuntare la farfalla #notav.
Per provare a salvare la faccia telt ha quindi ordinato e pagato uno studio. Non una valutazione d’impatto ambientale realizzata su mandato di un ente terzo ma uno studio ordinato à la carte dai promotori dell’opera per dire che gli asini possono volare ossia che la costruzione del tav è compatibile con preservazione di questa rarissima farfalla alpina la cui peculiarità è proprio il vivere e riprodursi soltanto in un numero estremamente ristretto di aree montuose.
Nonostante queste piroette per difendere l’indifendibile la natura è altra cosa rispetto alle sverniciate green che provano goffamente a darsi i costruttori venuti a somministrare l’ennesima colata di cemento a una terra martoriata e ferita. Fino a tre giorni fa, ai piedi del cantiere del TAV, tra le foglie secche del Borgo Clarea, c’erano adagiate le delicate crisalidi di Zerynthia. Questa primavera, però, i loro bozzoli non potranno schiudersi. Mercoledì scorso le ruspe sono uscite nella notte, accompagnate dall’esercito, per distruggere per sempre l’habitat in cui questo animale unico vive da secoli.
Quando parlano di TAV continuano a parlare di costi e di benefici come se l’aria, l’acqua, la vita avessero un codice a barre e un prezzo. Ma la verità è quella che chi vive tra queste montagne già sa: queste sono perdite irrimediabili. Perdite su cui solo l’arroganza di un uomo accecato dal mito di uno sviluppo ormai completamente scollato dal progresso può pensare di appiccicare una cifra.
Per questo le urla notav che echeggiano in Clarea a ogni avanzata dei bulldozer non sono semplicemente quelle di un movimento che difende la natura. Sono il grido, selvaggio e senza tempo, della natura che si difende.
In alto i cuori, avanti
#notav!