di Gabriella Tittonel – TG Valle Susa– Aria bollente nell’aula bunker delle Vallette venerdì 13 giugno, dove la calura di giorni particolarmente afosi si è mescolata al clima certo non facile e disteso delle prime testimonianze raccolte sui fatti avvenuti la notte del 14 maggio 2013 al cantiere dell’alta velocità di Chiomonte e che vedono imputati con l’accusa di terrorismo quattro giovani no tav, Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi.
La mattinata si è aperta con la decisione del Presidente della Corte Pietro Capello di ammettere come teste solo i diretti testimoni presenti la notte del 14 maggio, escludendo tutti gli altri: “… solo prove testimoniali… non possono avere ingresso nel processo le valutazioni sull’utilità o meno del Tav, in quanto decisione presa dallo Stato italiano e non sindacabile in questo giudizio…” – questo quanto sottolineato dal Presidente. Escludendo così i vertici della Digos e suoi collaboratori, il Presidente dell’Osservatorio Mario Virano e Luis Besson, e i consulenti per la difesa Prieri e Cicconi, Perino, Clerici, Rastello e Zucchetti.
Hanno quindi preso il via le testimonianze, una dozzina le persone ascoltate, alpini del Reggimento Alpini di Pinerolo e agenti della Polizia di Stato che quella notte coprivano il turno di sorveglianza al cantiere.
Come supporto per la descrizione dei fatti sono state utilizzate due cartine poste su un tabellone, cartine che non sono risultate di facile lettura per parte dei testimoni.
Ma quanto è emerso da questa prima udienza, che verrà l’ascolto degli altri teste, ancora qualche poliziotto ed operai del cantiere, il prossimo 30 giugno?
Mentre vi è relativa certezza sull’ora dei fatti accaduti, intorno alle tre di mattina, diversa è la percezione di quante persone fossero presenti al di fuori delle reti, di cosa sia stato lanciato nel cantiere, in principal modo nell’area dell’imbocco della galleria appena iniziata, dove poi prese fuoco il compressore, collocato a qualche metro di distanza. Non si sa se e quanti operai si trovassero all’interno della galleria (uno o più ?), mentre si parla del lancio di una decina di lacrimogeni per disperdere e dissuadere i manifestanti, proprio nella zona ancora del compressore. Creando di fatto una situazione sicuramente non facile anche per chi qui svolgeva mansioni di lavoro o manutenzione.
Situazione complessa dunque da chiarire ed alla quale porteranno il loro apporto le testimonianze del 30 giugno.
Questo mentre continua la detenzione dei quattro ragazzi, da dicembre dello scorso anno in regime di stretta sorveglianza e che sono stati salutati con calore dagli amici intervenuti all’udienza. Su loro pende, in questo primo torrido scampolo d’estate, l’accusa di terrorismo. In questo nostro mondo dai tanti pesi e misure l’auspicio è che si facciano strada al più presto la chiarezza e la ragionevolezza. E che si inizi finalmente, nei luoghi preposti a questo, a dare ascolto alle istanze di una popolazione che sta guardando al futuro e che attualmente ha iniziato a fare i conti, con quanto sta accadendo nel cantiere, a conti più severi, quelli dell’impatto sulla salute, la propria e quella dei propri figli. Ma di questo, almeno finora così è stato nella storia anche recente, si attende di fare il conto degli ammalati e dei morti…
G.B. 14.06.14
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