Vi ricordate la notizia che ha accompagnato la manifestazione dell’11 Gennaio a Torino? Riguardava la chiusura pomeridiana del Palazzo di Giustizia proprio a causa della manifestazione di Nicoletta.
Come avemmo modo di dire, quel giorno il Palagiustizia non chiudeva per vergogna, come avrebbe dovuto per la carcerazione di Nicoletta e la persecuzione verso i notav, ma per il “pericolo”annunciato dal procuratore generale Saluzzo.
Avevamo fatto notare come il tribunale il sabato pomeriggio fosse stato chiuso al pubblico di solito, ma la chiusura decretata da Saluzzo ha invece dello storico, perché l’ingresso era in realtà interdetto a tutti, cosa che di solito non avviene.
Siamo entrati in possesso del documento con il quale Saluzzo ha decretato questa chiusura, dipingendo scenari apocalittici che chiaramente non si sono mai verificati, perché tutto frutto della fervida immaginazione di chi già una volta ci paragonò alle Farc Colombiane…
Con una lettera protocollata a mezzo mondo, Saluzzo motiva la chiusura dello stabile con “l’ emersa gravità della situazione che si determinerà il giorno 11 gennaio 2020, sabato” e dopo aver registrato la “sensibilità ed attenzione” del tavolo per l’ordine e la sicurezza, il procuratore non si accontenta di rafforzare la sorveglianza da parte della polizia all’esterno del Palagiustizia, ma vuole, e lo fa con “autorizzazione che concedo” (a priori), le forze dell’ordine schierate dentro al palazzo perché “la situazione è molto grave”.
Uno scenario di guerra quello dipinto da Saluzzo (per la cronaca questo non avvenne neanche nel 2001 per il G8 di Genova), al quale ci permettiamo di dare due suggerimenti:
- consigliamo di praticare un pò yoga o qualche altra tecnica di rilassamento, gli farebbe bene, e magari lo aiuterebbe anche a vedere la cose da una prospettiva diversa;
- riguardarsi la manifestazione dell’11 gennaio, in modo da capire meglio in che mondo vive
Detto questo vi lasciamo alla lettera protocollata integrale, perchè è un documento che dice molto di più di quello che potremmo dire noi