Da alcuni giorni nella trasmissione di radiotre primo piano si susseguono dibattitti e interventi sul tema dell’alta velocità ferroviaria Torino Lione. Il conduttore Alberto Chiara, editorialista di Famiglia Cristiana, si è distinto per le sue faziose prese di posizione a favore di questo progetto e fino a qui nulla di nuovo. La cosa diventa però interessante quando numerosi, per non dire tutti, ascoltatori da ogni parte d’Italia hanno deciso di prendere parte al dibattito argomentando con un livello alto di conoscenza delle perplessità in merito. Nonostante tutto il conduttore sembra non tenerne conto, quasi fosse mosso da interessi non solo professionali, da qui la volontà da parte del movimento di rispondere per chiedere conto di tanta astiosità. Ringraziamo per questo Michelangelo che ha ben sintetizzato in questa lettera il pensiero di molti no tav.
>> Alberto Chiara c/o RAI3-Prima Pagina
Riprendo brevemente l’argomento TAV Torino-Lyon toccato ieri 22 dic. da un interlocutore, credo ravennate, che si chiedeva: se austriaci e svizzeri – e lei, dicendosi d’accordo, aggiungeva i francesi – siano sconsiderati rispetto agli italiani (valsusini ma non solo) nell’approvare i relativi progetti di tunnel cosiddetti di base (cioè scavati più in basso e quindi più lunghi ma più accessibili). Gli svizzeri con l’unico tunnel del genere – il Lötschberg – hanno aperto un valico che non c’era, a differenza del Frejus, e lo usano per le merci, come ovunque in Europa a bassa velocità, avendo come paese di transito a lungo incoraggiato il trasporto ferroviario e scoraggiato quello stradale, cosa che né l’Italia né quasi tutti gli altri paesi fanno. L’Austria, parecchio simile alla Svizzera a questo riguardo, e con un Brennero con volumi di traffico molto maggiori a quelli del Frejus, è di nuovo un caso poco confrontabile, e incontra comunque resistenze non sanate con le compensazioni locali pur con approcci più dialoganti. In Francia – specificamente in Savoia – ci sono varie resistenze, pur con un problema minore in quanto la linea prevista riguarda solo un’estensione del TGV ossia del traffico passeggeri verso sudest in aggiunta al tronco per Ginevra, quanto mai benvenuta per pareggiare i conti economici; e comunque non riguarda le merci, gestite su linee ordinarie. L’interlocutore di ieri – evidentemente fuorviato dalla mal informazione – lamentava poi l’inadeguatezza della linea esistente per via della sua età al traffico ferroviario potenziale, ignorando che: negli ultimi 25 anni si è investito molto per adeguarla alle aspettative di crescita del traffico, ivi incluso il recentissimo aumento di sagoma abbassando la sede anche nei tunnel, in modo da trasportare container più grandi e semirimorchi interi del tipo a più assi con ruote più piccole, secondo il concetto dell’autostrada ferroviaria che permette carico e scarico più svelti e che la Francia ha deciso di attuare sulla linea Montpellier-Lille. Ciononostante il traffico è diminuito a ¼ scarso della capacità, mentre quello autostradale è quasi invariato, benché si sia svolto per molti mesi un esperimento d’incentivazione a tariffa agevolata (1/3 del pedaggio autostradale), da cui si è dedotto che la quota di traffico dirottabile sulla tratta da gomma a rotaia sarebbe del 2% in assenza di politiche specifiche alla svizzera. Il che conferma tutto quello che risulta dai pareri concordi e insistiti di consulenti ministeriali italiani, francesi e tedeschi, e degli stessi presupposti teorici del programma EU T-TEN, che puntano alla scorrevolezza (uniformità di scartamento, tensione, locomozione, sistemi segnaletici e di sicurezza) – unica cosa determinante per le merci, non certo l’AV, velleitaria scommessa italiana, assurda poi sulla stessa linea dei treni passeggeri.
Quasi tutti questi elementi, e altri ancora pur frammisti a molto eccipiente, erano già presenti nella sintesi del 2008 dell’osservatorio tecnico, che infatti riteneva funzionalmente superflua l’opera “per i prossimi 30 anni”. Senonché, con uno dei tanti colpi di mano di questa ventennale vicenda, il governo Berlusconi per bocca del ministro Matteoli riteneva non vincolante il parere e decideva di procedere comunque e in anticipo all’eventualità, con irregolarità procedurali impressionanti, la cui illegalità apparirà solo quando sancita dalla magistratura, a fatto se non compiuto almeno avviato, come ormai abituale. Questo senza contare l’aspetto economico, grottesco per il rapporto costi/ benefici e truffaldino per il nascondimento dei debiti pubblici che comporta per almeno i prossimi 30 anni, come già sancito dalla Corte dei Conti, da tecnici trasportasti ed economisti, da magistrati ordinari per le ricorrenti/stabili commistioni mafiose e da ministri stessi fin dai tempi di L.Preti, N.Andreatta, R.Burlando, dall’UE cui paghiamo già per l’unico caso d’infrazione accertato finora ma che continua da allora indisturbato e anzi intensificato, alla faccia degli attuali sussulti per il debito pubblico e la corruzione che ci azzoppano. Che tutto questo venga ignorato o trascurato è una prova della mistificazione generalizzata con la complicità, talvolta forzosa, dei media, che si sta faticosamente svelando e censurando per altri aspetti cruciali della nostra vita collettiva.
Ora, nel formarsi e soprattutto diffondere la sua valutazione su questa vicenda non dovrebbe ignorare e tacere tutto questo, pur non ritenendolo una grave sciagura fra i tanti mali che ci affliggono e che stiamo finalmente riconoscendo, se non altro.
P.S. – Stamane non sono riuscito a contattarla al telefono per esporle quanto sopra, e mi sono però sentito indotto a scriverle aggiungendo un commento alla sconsolata risposta data all’inter-locutrice valsusina Patrizia: invocare come dirimente l’approvazione di questo sciagurato progetto da parte di molteplici istanze territoriali (per quanto a diverso titolo e in quanto all’EU, condizionatamente e comunque non il Parlamento europeo, come lei sembra credere) come indiscutibile segno di democrazia è una sconcertante ingenuità visto il pluridecennale degrado della nostra classe dirigente (e non solo) e del suo iter decisionale e specificamente delle inadempienze, scorrettezze e illegalità tout court di troppe amministrazioni pubbliche, ampiamente documentate e mai soggette a confronto e scrutinio; ed è addirittura sospetto per chi professionalmente si dedichi quotidianamente alle pieghe della cosa pubblica dopo la fragorosa esplosione della crisi finanziaria e sistemica in cui rischiamo d’affogare, per di più alla luce di un principio ispiratore anche del suo settimanale: l’equidistanza fra forti e deboli, o anche fra aguzzini quatti e vittime (talvolta) scomposte non è giustizia. Un saluto speranzoso
Michelangelo Lanza
Alla Redazione: Buon proseguimento e auguri cordiali!