da Spinta dal Bass – Sarà per la determinazione di Nicoletta che mette in crisi la controparte, o forse per le pagine dei quotidiani nazionali su cui in questi giorni compariva la bandiera no tav, o magari per l’incontro fra tecnici e amministratori che si è svolto in Comune a Torino. Sta di fatto che l’apparato pro tav cerca di mettere delle pezze, ed ecco un bell’articolo del livoroso Paolo Griseri su La Repubblica.
Ma sarà la fretta, sarà la stanchezza nel dover ripetere con regolarità articoli di questo tenore, sarà quel che sarà, l’articolo di Griseri contiene una infinità di inesattezze e imprecisioni che danno la cifra del livello di chi scrive a La Repubblica sul Tav.
Date a casaccio
Scrive quest’oggi Griseri che “entro la prossima primavera [2017] verrà infine concluso lo scavo della galleria geognostica della Maddalena”. Quando il giornalista tira le date di fine lavori non può che scappare da ridere. Scriveva il nostro non più tardi del 13 Novembre 2013: “il tunnel di servizio pronto entro l’estate 2015”.
L’anno dopo Griseri posticipa di qualche mese la fine lavori: “sul versante italiano prosegue il lavoro della fresa che sta scavando il tunnel geognostico della Maddalena a Chiomonte. A fine mese, ha detto Bufalini, ‘avremo scavato il primo dei 7,5 chilometri dell’opera’ che dovrebbe essere completata entro il 2015”.
A Novembre 2015, quando ormai era evidente che la scadenza non sarebbe stata rispettata, Griseri corregge il tiro: “i tempi per finire il lavoro sono abbastanza certi: se ci si fermerà ai 6 chilometri previsti dal primo lotto del cantiere della Maddalena, si finirà a fine estate. Se invece si dovranno raggiungere i 7,5 chilometri (gli ultimi 500 metri già in territorio francese), sarà necessario attendere fino a dicembre”.
Ricapitolando, prima si doveva finire nell’estate 2015, poi a fine anno, poi a fine 2016 e infine nella primavera 2017. E il nostro giornalista fedelmente riporta le date, ogni volta, senza scomporsi, senza una piega.
Cifre a casaccio
Ma Griseri nell’articolo odierno non si limita a dare date, dà anche numeri: “il trattato stabilisce anche in modo preciso la divisione dei costi tra l’Italia (4,7 miliardi), la Francia (7,2) e l’Unione Europea (che ne metterà 3,3)”. Questo è falso. Questi numeri non ci sono nel trattato. Sono numeri di Repubblica. Non pretendiamo che si creda a noi anziché a Griseri e allora ecco qui il trattato di cui si sta parlando. Dove sono le cifre di Griseri? L’accordo fra Italia e Francia, e in particolare l’articolo 2 del protocollo firmato a Venezia l’8 marzo 2016, stabilisce che “le parti fissano il costo di 8.300 milioni di euro della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, certificato ai sensi del primo comma dell’articolo 18 dell’Accordo del 30 gennaio 2012 ed espresso alla data di valuta gennaio 2012”. E che “la chiave di ripartizione delle spese reali è del 57,9% per la Parte italiana e del 42,1% per la Parte francese, al netto del contributo dell’Unione europea”. Agli 8.300 milioni di euro vanno aggiunti, come scritto nell’allegato al citato protocollo, “le spese per acquisizione fondiarie, interferenze di reti e misure di accompagnamento, per complessivi 309 milioni di euro a valore gennaio 2012 […] a carico di ciascuna delle Parti sul proprio territorio, al netto del contributo dell’Unione Europea”.
Griseri fa confusione, non sappiamo se intenzionalmente o meno, fra le cifre riportate nell’accordo per la sezione transfrontaliera, e le ipotesi di fasaggio per l’intera linea, pubblicizzate recentemente dai proponenti l’opera. Incidentalmente le cifre di Griseri fanno sembrare che la Francia pagherà più dell’Italia, quando l’accordo in questione stabilisce l’esatto opposto.
Progetti a casaccio
Griseri fa poi molta confusione sul progetto di scavo da Chiomonte rendendo la vita difficilissima all’affezionato lettore di Repubblica. Scrive il nostro che le frese “arriveranno al loro ‘posto di lavoro’ grazie a una galleria che parte dal cantiere di Chiomonte. E che in gran parte è già stata scavata”. Meno male avranno meno lavoro da fare, eppure ci pareva che il progetto fosse diverso e infatti poche righe dopo Griseri si contraddice sostenendo che l’ipotesi progettuale “prevede di scavare, partendo dal cantiere di Chiomonte, una galleria di un chilometro larga 9 metri in modo da accogliere le frese che lavoreranno nel tunnel di base”.
Il nostro ha poi un’idea progettuale davvero avveniristica, mettere un casello sullo svincolo per il cantiere di Chiomonte: “a Chiomonte sarà aperto un nuovo casello autostradale per i camion che trasporteranno il materiale di scavo del tunnel fino a Salbertrand dove sarà caricato sui treni”. C’è da sperare che i camion carichi di smarino abbiano il telepass!
E sempre a proposito dello svincolo, Griseri scrive che “lo svincolo di Chiomonte [è] necessario a servire il paese e a consentire ai camion di portare lo smarino allo scalo ferroviario di Salbertrand”. Lo svincolo per il paese di Chiomonte? Griseri dimentica, o fa finta di dimenticare, che la Commissione Tecnica VIA, approvando il progetto definitivo fra Bussoleno e il confine ha scritto che non sussiste la compatibilità ambientale “dello svincolo di Chiomonte nell’ipotesi di realizzarlo in via definitiva e di aprirlo al traffico ordinario, poiché permangono forti criticità rispetto alla necessità di realizzarlo, alla normativa vigente in materia di sicurezza e alla carenza dell’inserimento paesaggistico dell’opera” (DVA-2015-0001574).
Dopo essersi districato fra strafalcioni e sciatteria rimane il dubbio, per il lettore de La Repubblica, di avere fra le mani un testo uscito dall’ufficio stampa di Telt. E una domanda: qual’è il rispetto che si ha verso i lettori se si pubblicano articoli del genere?