(alinews.it) – Torino, 3 lug – Non è vero che con la ratifica dell’accordo internazionale del 30 gennaio 2012, sancito dalle dichiarazioni d’intenti del 3 dicembre, si potrà dare il via alla Torino-Lione. L’iter parlamentare è già stato avviato in Francia, mentre in Italia dovrebbe iniziare a settembre. Ma questa ratifica, che riaprirà il dibattito sul Tav in Camera e Senato, serve per fare partire il soggetto promotore, la nuova Ltf. Per gli appalti dovrà arrivare un nuovo trattato italofrancese che definisca, nei dettagli, l’importo e la ripartizione economica dei costi, basato sulla certezza della quota di finanziamento europeo e sull’aggiornamento del conto economico che, particolare non secondario, è ancora fermo ai prezzi del 2010.
Per avere la certezza dei finanziamenti europei Italia e Francia, con la nuova Ltf, dovranno prima partecipare al bando europeo per l’assegnazione dei contributi (al 40 per cento per le tratte transfrontaliere). Un bando che non potrà essere varato prima della seconda metà del 2014. I 27 dell’Ue, infatti, il 29 maggio hanno raggiunto l’accordo sulle nuove reti Ten e sui criteri per il Connecting Europe facility, il regolamento finanziario per erogare i contributi alle reti Ten. Poi c’è stato l’accordo politico sui fondi. Ma adesso deve essere approvato dal Parlamento. Si dovrebbe chiudere entro la fine dell’anno: ora siamo alla prima lettura parlamentare, con emendamenti già presentati. Poi seguirà la votazione sugli emendamenti e l’approvazione da parte del Consiglio e un’eventuale seconda lettura.
Per l’Italia, il problema è che non c’è solo la tratta comune della Torino-Lione; c’è anche il tunnel di base del Brennero. Partecipare al bando europeo con due progetti internazionali, più tutto il resto compreso tra le infrastrutture finanziabili (porti fluviali, corridoio Baltico-Adriatico, nodi ferroviari, autostrade del mare), rischia di indebolire il Tav. La dotazione complessiva della Connecting Europe facility per il periodo 2014-2020 è di soli 23 miliardi a seguito di continue riduzioni. In più, 10 miliardi sono stanziati sui fondi di coesione, per i quali né Francia né Italia hanno i requisiti. Restano, quindi, 10 miliardi per tutti i 28 Paesi (ora c’è anche la Croazia). È vero che dovrebbero bastare, visto che il fabbisogno delle principali opere delle reti Ten è sugli 8 miliardi. Ma è anche vero che soli i tunnel del Tav e quello del Brennero valgono oltre il 30 per cento dell’intera posta. Accetteranno gli altri 27 un’Italia pigliatutto?
Ammesso che arrivi dall’Europa l’ok al 40 per cento, come detto, servirà un nuovo trattato internazionale. Anche questo nuovo trattato dovrà essere ratificato dai due Parlamenti nazionali. Se si pensa che l’impegno solenne del 3 dicembre a Lione tra Monti e Hollande era per un’approvazione del trattato del 30 gennaio entro poche settimane (entro le elezioni italiane, si diceva); e se si pensa che, a oggi, sono già passati 7 mesi e in Italia il Ddl di ratifica non è nemmeno stato presentato, è lecito prevedere almeno una decina di mesi dalla firma. Significa che gli appalti per il tunnel di base non potranno partire prima delle seconda metà del 2015. Il cantiere di Susa inizierebbe, dunque, nel 2016, con un anno di ritardo.
Intanto, l’11 luglio si saprà se l’Ue finanzierà gli espropri dei terreni di Susa per realizzare la linea, la stazione internazionale e la grande area di servizio. Si tratta di pagare lo spostamento dell’autoporto e l’occupazione di aree Sitaf oltre che di terreni di privati. L’Italia ha partecipato a un bando europeo per ridistribuire 425 milioni di fondi residui, non utilizzati dagli stati nel settennato che si sta per concludere. Si tratta di prendere una quota del 20 per cento dei costi degli espropri: ultima occasione, visto che d’ora in poi gli espropri non saranno più finanziati.