Nuova tegola sul raddoppio della Torino-Lione. Il colosso delle costruzioni COGEFA ha ricevuto un’interdittiva anti mafia per i rapporti tra il suo fondatore e diversi membri di spicco delle ‘ndrine operanti in Piemonte. A quanto trapelato, al centro ci sono le relazioni tra la famiglia fondatrice dell’azienda e diversi boss. Il capostipite in particolare, Tertio Fantini, pare fosse chiamato “il generale” da diversi capi-mafia.
Oltre a essere impegnata in cantieri sulla A34 e al colle del tenda, la COGEFA fa parte del consorzio che ha recentemente vinto un appalto da 650 milioni di euro per il riuso circolare dei materiali di rimessa del cantiere TAV, ennesima fuffa green strombazzata da un anno a questa parte da TELT a mezzo stampa. Non è la prima volta d’altronde che la mafia si ritrova in mezzo ai cantieri del TAV, come ricorderà chi ha ancora memoria della vicenda Toro/’ndrina di San Mauro Marchesato a cui era stata attribuita la costruzione di recinzioni per proteggere il cantiere nonché la bitumatura delle strade interne su cui si muovono tutt’ora le forze dell’ordine.
La Stampa parla di “un autentico tsunami” ma continua a inquadrare la questione in termini di “infiltrazioni” come se le presenze criminali costituissero un fatto marginale e accessorio rispetto alla norma. Come dimostra il caso COGEFA invece siamo davanti a elementi strutturalmente legati ai grandi contractor del settore dell’edilizia commerciale e del movimento terra, facendo della mafia un partner inevitabile dei grandi progetti inutili tipo TAV. Ancora una volta la scritta sul Musiné, che i fiancheggiatori istituzionali del grande buco provano a cancellare in tutti modi, urla una verità inequivocabile che proprio per questo qualcuno vorrebbe far tacere: TAV = MAFIA.