da il fattoquotidiano I tecnici devono fare un sopralluogo nella sua chiesa per continuare a lavorare, ma lui nega il permesso: “Non mi rendo complice di una mistificazione e di un finto monitoraggio solo per permettere allo scavo di proseguire nei suoi danni”
Sono preti tosti quelli dell’Appennino. Tre di loro, trucidati dai nazifascisti nel 1944 a Marzabotto insieme a centinaia di parrocchiani, sono appena entrati in odore di beatificazione. Dall’altra parte della montagna, nel Mugello, negli anni Sessanta don Milani parlava di una Chiesa che si occupasse dell’istruzione degli ultimi, anche dei comunisti, e per questo fu “esiliato” tra i monti. Oggi un altro curato di queste montagne come un piccolo David sta sfidando un Golia chiamato Autostrade, che con i suoi scavi sta mettendo a rischio l’esistenza stessa di Ripoli, delle sue case e della sua chiesa: “Voi nella mia chiesetta non entrate. Non mi rendo complice di una mistificazione e di un finto monitoraggio solo per permettere allo scavo di proseguire nei suoi danni”.
Don Marco Baroncini, giovane parroco della piccola frazione di Ripoli, qualche giorno fa ha incontrato Francesca Fatteschi, project manager di Autostrade per l’Italia, responsabile dei lavori per quel tratto della Variante di valico. Se lui non permette ai tecnici di autostrade di monitorare la chiesetta, le perforazioni per il tunnel non possono andare avanti. Così i vertici della società sono dovuti salire fino al borgo montano per cercare di convincere il prete. “La novità non è la mia caparbietà, è il vostro scavo”, gli ha risposto don Marco. Niente da fare.
La storia della frana di Ripoli, nell’appennino bolognese, è ormai nota. Almeno dall’inizio dell’anno nel paesino, 530 anime in territorio di San Benedetto in Val di Sambro, le abitazioni hanno iniziato a presentare lesioni sempre più numerose ed evidenti. A valle, nel frattempo, erano partiti i lavori per la galleria Val di Sambro, 3,8 chilometri. Questo tunnel è il tratto che manca per ultimare i lavori della Variante di Valico, la bretella autostradale che entro il 2013 dovrebbe velocizzare la viabilità tra Firenze e Bologna. La galleria Val di Sambro, tuttavia, è stata progettata proprio ai piedi di due millenari movimenti franosi. Naturale che, da quando si è iniziato a scavare, Ripoli abbia iniziato a muoversi anche di 2 centimetri ogni 30 giorni.
Nell’ultimo mese, da quando un comitato dei cittadini è riuscito a far luce su ciò che avveniva, la politica un po’ a fatica si è mossa. Il Prefetto di Bologna, Angelo Tranfaglia, non ha imposto l’interruzione dei lavori, ma ha chiesto che, attraverso un collegio di tecnici guidato dalla Regione Emilia Romagna, si verifichi la condizione degli stabili, passo dopo passo.
Ora dunque prima di riattivare le perforatrici nell’imbocco nord del tunnel, momentaneamente ferme, c’è da fare un primo monitoraggio di Ripoli. Facilissimo, se non fosse per quel prete testardo: “I tecnici possono entrare, ma devono essere pubblici, cioè pompieri o della Regione – spiega il parroco – e se entrano devono controllare i danni già fatti e non controllare per avere così la scusa di andare avanti con lo scavo“.
Don Marco sostiene di aver capito quale sia il problema di Autostrade: “Il fatto che io non permetta questo loro monitoraggio in parte li blocca, perché se loro vanno avanti e succede qualcosa, che fanno?” Dunque, ragiona il giovane curato, se lui offrisse questa “foglia di fico” del monitoraggio, Autostrade potrebbe andare avanti, mettersi la coscienza a posto. Poi se ci dovessero essere problemi o cedimenti, potrebbe imbrigliare, puntellare, e, come è successo in molte case del paese, sgomberare.
Certo, poi ci sarebbero i rimborsi, ma la casa e la vita del paese, quelle non le restituirebbe nessuno. “Monitorare uno che muore non è che salva il moribondo. Solo prevenire la morte può salvare la persona. Invece di disarmare chi spara – continua il parroco con un’altra metafora – ci vogliono ricoprire di giubbotti anti-proiettile”.
La vecchia chiesetta dedicata a Santa Maria Maddalena, precedente all’anno 1300, con le sue fondazioni regge altre due abitazioni adiacenti dove abitano altre famiglie. E questo mette ulteriore pressione sulle spalle di don Baroncini: “Ho detto ai tecnici venuti a incontrarmi di non farmi un finto ragionamento etico. Sono loro che stanno mettendo a rischio queste famiglie e non ci fosse stata quella galleria la chiesetta e le nostre case sarebbero andate avanti altri per altri mille anni“.