di Angelo Tartaglia* | 4 luglio 2016 (Il Fatto Quotidiano) – I maggiori mezzi di comunicazione hanno dato grande rilievo all’intenzione manifestata dal ministro Delrio di modificare il tracciato della tratta italiana della nuova linea Torino-Lione (Nltl), riducendo costi e impatti sul nostro versante. Come sempre ci si è sbizzarriti nelle valutazioni “politiche” senza nemmeno provare a entrare nel merito. Il ministro ha parlato di una “revisione” del progetto, di una riduzione delle gallerie ivi previste, di una maggiore utilizzazione della linea storica e, in conseguenza di ciò, di una riduzione della spesa, da 4,3 a 1,7 miliardi. Con una sorta di gioco di prestigio si cerca così di trasformare in dimostrazione di attenzione alle istanze dei cittadini e ai problemi economici del Paese una scelta che, da un lato, è ineluttabile e, dall’altro, dimostra che la faraonica ipotesi iniziale realizzava in realtà un inutile spreco (in quella tratta come in tutta l’opera).
La nuova soluzione altro non è che la riproposizione di una strategia di realizzazione per fasi, in cui il maggior utilizzo del tracciato esistente (sul solo versante italiano) sarebbe transitorio, fino al 2030, rinviando la soluzione definitiva, per mancanza di denaro, al 2050 e oltre… E ciò senza dare risposta alla domanda fondamentale che la stessa “apertura” del ministro pone: perché non utilizzare, con opportuni interventi di ammodernamento, tutto il percorso attuale, lasciando cadere un tunnel di base che, nella versione prevista, sarebbe del tutto inutile senza gli adduttori sul versante italiano e francese?
Le manipolazioni del tracciato lasciano tal quale la questione fondamentale e cioè il fatto che la Nltl è un’opera inutile realizzata a debito pubblico, direttamente, per la quota italiana, e indirettamente, per quella europea (in Francia è la Court des Comptes che ha da ridire sulla produttività della spesa); un’opera per di più destinata ad accumulare passività, sempre a carico nostro, anno dopo anno. Le ragioni di questa valutazione sono state esposte in dettaglio in moltissime occasioni e non sono mai state contestate o smontate; in particolare non è mai stato accettato un pubblico confronto in sede tecnica.
Le ferrovie non si dimensionano in base alle chiacchiere della politica e alle dichiarazioni ai giornali, ma in base alle tonnellate che si prevede di trasportare. Ora, il fatto è che le tonnellate che attraversano la frontiera terrestre tra Italia e Francia lungo tutti i canali e in tutte le modalità sono in calo dal 2002; lungo l’asse della Valle di Susa il flusso (ferroviario) è circa un sesto della capacità della linea; il flusso attraverso l’intero arco alpino mostra la tendenza a stabilizzarsi dal 2012 in poi, dopo aver visto, fino al 2008, andamenti crescenti lungo le direzioni da nord a sud; l’economia mondiale continua a trovarsi in condizioni di stagnazione dovuta ai vincoli materiali che i governanti ignorano.
Queste tendenze hanno delle spiegazioni che, nella sintesi qui necessaria, sono riconducibili alla saturazione materiale dei mercati dell’Europa centro-occidentale, idea che i “politici” tradizionali, insieme ad una parte degli economisti, si rifiutano di accettare. Per capire di che cosa si tratti basta pensare a una unità abitativa media italiana, francese, tedesca… e ai beni, attrezzature e oggetti (cose che vengono trasportate) reperibili al suo interno.
È difficile immaginare che ce ne possano stare molti di più di quanti ce ne sono. È certamente possibile rinnovare, cambiare, ammodernare quegli oggetti, ma non si può pensare di ridurre a pochi giorni i tempi di sostituzione (proviamo a pensare ad autoveicoli, elettrodomestici e persino telefonini). Insomma il flusso totale di merci può oscillare un poco su e giù ma non può crescere in modo esplosivo. Orbene i proponenti la Nltl hanno individuato quale dovrebbe essere il flusso di merci (complessivo, non solo ferroviario) tale da giustificare economicamente l’opera (occhio e croce tre volte quello attuale) e hanno trasformato questa esigenza in “previsione” per la prossima decina d’anni (il moltiplicatore diventerebbe addirittura 15-20, estrapolando al 2053).
Queste “previsioni” sono del tutto infondate; per ottenerle i consulenti hanno utilizzato anche modelli matematici manipolando in maniera plateale e professionalmente indecorosa i parametri in modo da far emergere i risultati richiesti dai committenti. Questi sono i nodi e sicuramente non è il tracciato italiano della linea a scioglierli. Non so quanto Delrio sia “ambientalista”; so che il suo governo e molti altri soggetti nel merito non entrano e alle obiezioni di sostanza non hanno risposte. Ma i fatti sono più testardi e il guaio è che le conseguenze della irresponsabilità le pagheremo tutti.
*Docente al Politecnico di Torino e membro del direttivo del Controsservatorio Val Susa*