di Mario Portanova | Il fatto Quotidiano – La lotta pubblica e di massa e della Val Susa non subisce alcuna deriva, è semplicemente una resistenza civile a un’opera mostruosa”, “una battaglia di purissima legittima difesa”. E “dove sta il limite della difesa? Nella capacità di espellere l’invasore”. Erri De Luca non arretra di fronte agli attacchi arrivati dopo la sua benedizione ai “sabotaggi” dei cantieri del Tav Torino-Lione, ma esibisce anche un distacco infastidito dall’idea di proseguire la polemica su violenza-non violenza che da sempre attraversa i movimenti di protesta. Tanto “la Tav non si farà, la valle si è opposta con il suo corpo”.
Ora è solo questione di attendere un governo che ne prenda atto e stacchi la spina ai cantieri. E all’inevitabile domanda echeggiata da dietro una delle poche telecamere presenti, risponde: “Io dovrei invitare il movimento a disattendere la violenza? Ma qui l’invitato sono io” sorride sotto i baffi sottili.
LO SCRITTORE presenta il suo nuovo romanzo a Torino nel pomeriggio, dove ha il tempo di ribadire il suo messaggio e sottolineare come la protesta in valle sia “la più bella lotta degli ultimi dieci anni”, poi sale “in valle” per un apertitivo con i No Tav a Borgone. Infine parla davanti a parecchie centinaia di persone che gremiscono, a Susa, un salone intitolato a “Monsignor Rosaz”. Tema dell’incontro: “La custodia della terra nelle scrittura sacre”. E la custodia della terra, da queste parti, non è solo un argomento biblico.
De Luca arriva in Valsusa, e fa un bagno di folla tra gli attivisti dopo essere stato (ri)additato come cattivo maestro per le sue dichiarazioni sulla protesta incontro l’Alta velocità. Napoletano, 63 anni, fascinoso capo del servizio d’ordine di Lotta continua a Roma fino al 1976, scrittore di successo (quotato anche in Francia) e traduttore dalla lingua ebraica, il primo settembre ha detto all’Huffington Post: “Sulla Tav il sabotaggio è l’unica alternativa”. A proposito di due militanti fermati, ha ironizzato sulle molotov “non innescate” definendole “materiale da ferramenta”, mentre le cesoie sono “utili a tagliare le reti”.
CONSIDERAZIONI espresse il giorno dopo che Gian Carlo Caselli, Procuratore capo di Torino, aveva denunciato “l’indulgenza e la comprensione” di parte della politica, dell’informazione, degli intellettuali nei confronti di “gesti di pura violenza”. Un confronto a distanza tra due personaggi che – con tutte le distinzioni del caso – appartengono al fronte progressista. Solo che vedono il confine del lecito in una collocazione molto diversa. “Non ho risposto a Caselli”, dice comunque De Luca mentre le signore no tav fanno a gara per offrirgli un bicchiere di vino e un pezzo di focaccia nel banchetto allestito al nuovo presidio No Tav di Borgone (il vecchio è finito bruciato, non si sa da chi). De Luca non ha voglia di parlare con i giornalisti e si vede, distilla poche frasi secche e battute.
GIORGIO Napolitano ha chiesto di dire basta ad ambiguità e violenze? “Non leggo quello che scrive il presidente della Repubblica, non mi sento rappresentato”. Il parallelo con le lotte degli anni Settanta? Non lo vedo, dall’altra parte (gli apparti dello Stato, ndr) non sono più neppure capaci di infiltrare, più un movimento è aperto e di massa e meno può essere infiltrato”. In realtà su questo fronte il clima in valle è ben più cupo, e i leader – parola sgradita – del movimento evocano una strategia della tensione dietro tutti gli atti di violenza che superano la “disobbedienza civile”.
Come gli incendi e i danneggiamenti ai cantieri della linea ferroviaria contestata. O l’hard disk riempito di 120 grammi di polvere da sparo, pronto esplodere appena collegato al un computer, recapitato al cronista della Stampa Massimo Numa, da tempo in rapporti tesissimi con il movimento. Lo stesso Numa ha affermato in un’intervista che con la pesantissima intimidazione il “movimento non c’entra assolutamente niente”, ma punta il dito sulle frange “anarco insurrezionaliste” torinesi.
Intanto il Movimento No Tav intende “ricusare la Procura di Torino” per le indagini sugli scontri e sui sabotaggi in Val Susa, annuncia Giovanni Vighetti, attivista di Bussoleno. L’accusa è di usare “due pesi e due misure” e di non procedere nelle indagini che riguardano le violenze delle forze dell’ordine contro i manifestanti durante i tanti incidenti di questi ultimi anni. “Per noi”, spiega Vighetti, “il sabotaggio è la disobbedienza civile”.