Verso la fine di giugno era diventato di dominio pubblico che Acsel s.p.a., l’azienda valsusina per lo smaltimento dei rifiuti, aveva avviato le procedure di valutazione d’impatto ambientale (VIA) per riaprire a Mattie l’ex discarica di Camposordo e smaltirvi in dieci anni oltre 100 mila metri cubi di amianto provenienti da “bonifiche edili”.
La discarica, che ha visto il suo fine vita a partire dal 2016, aveva iniziato un iter di rigenerazione attraverso un progetto di educazione ambientale e di svolgimento di attività ludiche, che ha visto, tra le altre cose, la piantumazione di più di 500 piante di lavanda, rosmarino e salvia e la trasformazione degli uffici in una sala riunioni aperta alla cittadinanza. Una discarica di cui però preoccupa ancora la grande quantità di percolato che produce.
Lo spettro della possibilità della sua riapertura per ospitare uno dei rifiuti più pericolosi e mortiferi in una valle spesso attraversata da correnti e venti forti, ha subito messo la popolazione in allarme. Nei giorni immediatamente successivi, un’assemblea di centinaia di residenti si è auto convocata e, tirando l’amministrazione locale (tra l’altro appena eletta) per la giacchetta, ha fatto partire una mobilitazione che in pochi giorni ha coinvolto gli abitanti di tutta la Valle.
Sono state raccolte le osservazioni di contrarietà al progetto (presentate il 25 giugno e stilate dai tanti professionisti che si sono messi a disposizione della popolazione) ed è partita una raccolta firme, entrambe sottoscritte da migliaia di residenti dei comuni valsusini contrari e pronti ad impedire la realizzazione del progetto.
Una mobilitazione così repentina e popolare ha subito preoccupato anche le neoelette amministrazioni locali coinvolte che, chi per malizia, chi per pavidità, avevano preso posizioni timide sulla vicenda. È stata convocata ieri 1 luglio, insieme all’Unione Montana Bassa Val di Susa, una riunione con i sindaci e Acsel. Il risultato è stato la scelta unanime di ritirare il progetto.
Ovviamente non si è fatto attendere il ricattino: Acsel contava di recuperare dai fondi per chi smaltisce i rifiuti contenenti amianto gran parte dei quasi venti milioni di euro necessari a gestire il post-mortem dell’ex discarica e ora minaccia l’aumento della tassa rifiuti a carico dei cittadini della Valle come modalità per rientrare della perdita.
Nonostante questo, fanno bene gli abitanti di Mattie, che si sono convocati oggi alle 20.30 al salone polivalente, a non abbassare la guardia. Su questo il movimento No Tav ha una grande esperienza: sappiamo bene che quando si parla di grandi opere, il “ritiro” di un progetto, così come è accaduto nel 2003 per la tratta nazionale della Torino-Lione, poi ripresentato nel 2010, potrebbe riferirsi solo a quello presentato in questa occasione e alla procedura avviata attualmente.
Fa riflettere e accende qualche campanello d’allarme il fatto che il presidente dell’Autorità Rifiuti Piemonte sia niente meno che Paolo Foietta, presidente anche della delegazione italiana della Commissione Intergovernativa (CIG) per la Torino-Lione.
A costo di apparire complottisti, questa incredibile coincidenza ci fa sorgere una domanda: non è che tentando di convincerci della bontà dello smaltimento dell’amianto dai pollai dei vecchietti della valle, si nasconda la necessità di trovare una soluzione (o un piano B) allo smaltimento di enormi quantità di smarino inquinato da rocce amiantifere provenienti dai futuri scavi del tunnel di base?
Questa (quasi) vittoria ci restituisce una grande consapevolezza: chi pensa che la Val di Susa sia una zona di sacrificio da piegare ad interessi economici e abietti, la cui popolazione sia spaventata da decenni di repressione, e che la nostra salute sia una merce da vendere al miglior offerente, be’, ancora una volta, si sbaglia di grosso e si è dovuto scontrare con la risolutezza della popolazione valsusina.
Un brindisi alla vittoria di questa battaglia, ma con l’accortezza di dover sempre tenere d’occhio il nemico.