Mentre in Val Susa il talebano del TAV, on. Napoli, non riusciva nell’impresa di farsi eleggere nel piccolo comune di Mompantero nonostante promesse, regali e cene sontuose, a Torino andava in scena il tragicomico epilogo del “movimento SI TAV”.
Innanzitutto la madamina Giovanna Giordano Peretti, osannata dai giornali progressisti e che nella sua brevissima carriera politica ha accumulato una serie di voltafaccia da far girare la testa anche al più scaltro degli Scillipoti. Lasciata la presidenza del Rotary club del capoluogo piemontese, si è prima candidata alle regionali col PD accanto a Chiamparino, poi ha sostenuto il radicale Igor Boni alle primarie di centro-sinistra, poi si è auto-candidata sindaca del terzo polo centrista ed è infine approdata al centro-destra fondando una lista “Progresso Torino” a sostegno di Damilano.
Risultato impietoso: 0,74%, appena 157 preferenza per Giordano e il dato epico di una lista in cui due candidati non sono nemmeno andati a votarsi da soli.
Non è andata meglio a Mino Giachino, l’ex-sottosegretario ai trasporti del governo Berlusconi con la lista “SI TAV-SI LAVORO”. Il momento più alto della campagna è stato lamentarsi dei No Tav, che non lo hanno mai cagato di striscio, ma la cui temibile presenza gli avrebbe impedito di avere una sede. Anche qui il responso non è dei più felici: 0,43%, neanche un condominio.
Certo il TAV è argomento bipartisan tra i partiti che da 20 anni si fregano le mani per l’arrivo di contratti e commesse.
Ma, visto dalla Val Susa, il rovinoso capitombolo di chi ci chiedeva di “pvendeve le capvette e andave a vivere da un’altva pavte” ci ha strappato una bella risata.