Finalmente anche un giudice del tribunale riconosce quello che sappiamo da tempo: buona parte delle testimonianze delle forze dell’ordine, della Digos il più delle volte, sono montate ad arte per far condannare i notav durante processi imbastiti molte volte sul nulla. O meglio, imbastiti sulle “note di servizio” e “verbali” che gli agenti consegnano ai pm che le trasformano in capi d’accusa che ci portano ai tribunali.
Succede sempre e succede su ogni fatto, come quello in oggetto dove tre notav sono stati portati a processo per nona ver rispettato la ormai innumerevole “zona rossa” intorno al cantiere Tav. Potremmo discutere di come la libertà di circolazione è del tutto negata in Valle, arbitrariamente da ordinanze prefettizie che abusano del loro potere in maniera ossessiva (un giudizio sul merito è anche stato dato qui).
Anche questa volta a processo siamo stati portati dalle solite note degli zelanti agenti della Digos, la vecchia polizia politica per capirci, che però in questo caso era palesemente falsa, anzi “inattendibile” come scrive un giudice del tribunale nn soddisfatto evidentemente dalle troppe balle raccontate dai soliti “colleghi” in borghese.
E così i tre notav vengono assolti e gli agenti della questura torinese sbugiardati, senza conseguenze immaginiamo? Perchè ci chiediamo in questi casi quando rappresentati dello stato mentono ad arte, è tutto normale? Non succede niente?
Per noi è sempre stato chiaro, ma ora che sta scritto anche su una sentenza, è un piacere.
Qui le motivazioni della sentenza e di seguito la nota dell’Ansa
“Sono del tutto inattendibili” le dichiarazioni di un sovrintendente della Digos e, anche per questo, un giudice del tribunale di Torino, Maria Iannibelli, ha assolto tre No Tav della Valle di Susa dall’accusa di avere violato la ‘zona rossa’ interdetta al passaggio vicino al cantiere di Chiomonte.
I tre (Giovanni Conti, 65 anni, Massimo Alovisi, 45 anni, e Guido Fissore, 72 anni, consigliere comunale in un Paese della zona) erano imputati per il mancato rispetto di un’ordinanza prefettizia. L’episodio risaliva al 31 luglio 2015. I No Tav si erano avvicinati dopo avere guadato un torrente: “Per sicurezza – hanno detto in aula – ci siamo fermati prima dell’imbocco con via dell’Avanà, a un metro o due di distanza”. Il commissario, però, aveva riferito di averli “fermati nel momento in cui hanno messo piede su via dell’Avanà”. Incrociando le testimonianze di altri testi (fra cui dei poliziotti) e “soprattutto la visione di filmati e riprese video”, la giudice – come si legge nelle motivazioni – ha stabilito che “gli imputati non penetrarono nell’area interdetta e non circolarono sulla via dell’Avanà”.