da infoaut.org
Riportiamo l’intervento introduttivo di Raffaele Sciortino al dibattito che si è tenuto al campeggio NoTav venerdì 22 luglio con Ivan Cicconi e Claudio Cancelli su Tav, debito e finanziarizzazione delle vite.
… vorrei dire giusto due cose sul senso della serata, perchè l’abbiamo costruita in questo modo e su ciò di cui vogliamo discutere insieme. Partiamo da una constatazione a partire dalla giornata importantissima del tre luglio: la lotta NoTav è entrata in una nuova fase per due ordini di motivi fondamentalmente. Uno ce lo abbiamo alla spalle qui: è l’inizio della militarizzazione della valle. Ma non è di questo che vogliamo parlare questa sera anche se va detto che molti di noi si sono mobilitati o hanno desiderato il ritiro degli alpini dall’Afghanistan: qui non abbiamo nè il ritiro degli alpini dall’Afghanistan che continuano a fare lì il loro sporco lavoro e adesso li abbiamo anche qui che iniziano a fare in maniera differente il loro sporco lavoro…
C’è una seconda dimensione che ci dice cha la fase della battaglia No Tav è cambiata: da un lato è mutato in Italia o sta mutando il clima sociale. Ne abbiamo avuto una prima riprova, anche perchè è venuto inaspettato rispetto ai media mainstream, e cioè la campagna referendaria sull’acqua come bene comune e contro il nucleare.
Dall’altro è entrata irreversibilmente nel quadro politico e economico italiano la crisi globale che finora era come qualcosa che incombeva, che lambiva l’Italia e adesso è un fattore presente con cui non si può non fare i conti. Sulla crisi: ovviamente una crisi di sistema, di civiltà dove il sistema economico vigente tocca i suoi limiti sociali economici ma anche ecologici. Ma quello che vorremmo tematizzare e discutere stasera è il fatto che uno dei meccanismi centrali se non il meccanismo cruciale della crisi in corso sotto gli occhi di tutti è quello del debito. Una crisi partita come scoppio della bolla finanziaria del debito privato negli Stati Uniti che è diventata in questi anni pesantemente una crisi del debito sovrano, del debito pubblico statale che si sta incentrando sull’Europa e ora è entrata in Italia. Ora, il debito pubblico con l’arrivo della crisi è paradossalmente, abbiamo uno stravolgimento paradossale della tematica dei beni comuni. Perchè arrivando la crisi il debito pubblico sovrano diviene subito “bene di tutti” ma nel senso che i costi vengono riversati su una parte della società, i soliti noti, che deve ripagare i costi del debito. Allora abbiamo visto in quattro cinque giorni in perfetto spirito bipartizan il varo della finanziaria lacrime e sangue. E potremmo dire con notevole certezza che siamo solo agli inizi di questa dinamica perchè non è stato risolto uno solo dei problemi che sta alla radice della crisi globale.
Ora, dove è il passaggio che può diventare decisivo per la nostra battaglia No Tav? Provo a sintetizzarlo, Ivan Cicconi entrerà nel merito in maniera analitica approfondita. Diciamo così: gli stessi soggetti, trasversali ai due fronti politici, il partito trasversale dell’alta velocità che la vogliono riversandone i costi oltre che sulle nostre vite e sul territorio riversandone i costi sul debito pubblico sono gli stessi soggetti che ci dicono che dobbiamo fare sacrifici perchè il debito pubblico è troppo alto… Ci dite che dobbiamo fare sacrifici e svenarci e si va verso una ulteriore svendita via privatizzazione dei beni comuni, proprio contro lo spirito referendario, perchè il debito è troppo alto e si tenta di far passare un’opera il cui meccanismo economico fondamentale è quello di riversare sul futuro i costi e incrementare il debito pubblico stesso.
Questo è un passaggio decisivo fondamentale per la lotta no Tav perchè il movimento No Tav è stato bollato, marchiato come locale, la sindrome nimby, dai media e politici interessati e spesso anche in buona fede fuori dalla valle è stato visto come un movimento dignitoso, giusto ma a valenza tutto sommato locale. Ora, in questo passaggio che iniziamo a vivere il movimento No Tav ha la possibilità di far vedere che ciò contro cui stiamo combattendo ha una valenza generale, è un meccanismo, il modello alta velocità è specchio e metafora di un meccanismo più generale del debito con cui si riversano i costi sugli individui e sul presente e sul futuro permettendo un’espropriazione dei beni comuni e in generale della nostra vita. È questo che può caratterizza la nuova fase e quindi anche l’agire politico del movimento. Perchè se è così, e guardate la giornata del tre luglio tra le altre cose è stat importantissima perchè è stata una azione fattuale di contro-formazione e contro-informazione, fuori dalla valle arrivo a dire che anche chi magari nel merito non è d’accordo o non sa cosa dire perchè non è informato ha visto che qui c’è qualcosa, oltre alla determinazione di lotte del movimento, un qualcosa che tocca tutti, che inizia a toccare tutti. Questo è il punto decisivo cioè la possibiltà reale che anche fuori della valle ci si avveda che i meccanismi che qui agiscono nel modello tav sono più generali e quindi la questione può diventare una questione di tutti. Quello che andiamo a dire anche domani a Genova ricordando il decennale di Genova: la lotta noTav è la lotta di tutti non perchè ci pensiamo avanguardia o perchè pensiamo che da altre parti sia possibile duplicare così com’è questa lotta ma perchè stiamo andando al cuore di un meccanismo generale che sta intaccando, intaccherà la vita di tutti cioè la finanziarizzazione… Non è un ottativo perchè i segnali, i sintomi in Italia, ma dovremo allargare anche il discorso sul piano europeo, perchè in Italia i segnali di questa possibilità reali ce li abbiamo: lo spirito del referendum, le forme di indignazione che stanno montando tra la popolazione, pensiamo a quello che sta succedendo a Parma, e quello che abbiamo iniziato a vedere forse per la prima volta in maniera forte e promettente nella stessa Torino, andiamo a vedere qual è l’indebitamento del comune, e appunto la finanziaria con la crisi dell’euro e via discorrendo.
Qui chiudo: questa sera vogliamo un po’ mettere in gioco queste ipotesi e interrogarci su questo, come dire, per essere fermi e se vogliamo modesti – perchè dicevamo prima che la lotta No Tav non è che in quanto tale è riproducibile nelle sue forme altrove – ma questo passaggio ci chiede al tempo stesso di essere, possiamo e dobbiamo essere più ambiziosi, cioè lanciare un messaggio che diventi generale. Lo facciamo, dicevo del filo che ci lega a Genova e della reazione all’esterno alla giornata di resistenza del tre luglio, è come se ci si imponesse in questo momento la necessità di restare in valle facendo l’assedio a loro e al tempo stesso uscire dalla valle rompendo l’assedio politico e mediatico che ci vogliono imporre per evitare che la questione No Tav diventi una questione generale di tutti e di tutte. Ma se riusciamo a fare questo passaggio, noi creiamo le condizioni di opinioni, sociali e politiche per liquefare, neanche quel consenso passivo che loro non hanno, non hanno mai avuto sull’alta velocità, ma quella accettazione passiva che gli permette la militarizzazione. Creiamo le condizioni migliori per liquefare, diciamo così, questa militarizzazione…