La richiesta di riaprire il confronto sull’utilità della tratta ad Alta Velocità Torino Lyon, avanzata sia dal Movimento NO TAV sia dalla maggioranza degli Amministratori locali della Val di Susa, è legittima e motivata.
La netta chiusura del Governo delle “larghe intese e dei larghi affari” (vedi articolo dell’Espresso del 27/9/2013) è invece immotivata e risponde esclusivamente alle esigenze speculative delle lobbie economiche che, per i propri interessi, vogliono realizzare l’opera.
In Italia manca un Piano Nazionale dei Trasporti che individui le infrastrutture necessarie e le priorità della loro realizzazione rispetto alle reali esigenze di sviluppo del Paese.
Dove e come costruire le infrastrutture viene quindi deciso dall’intreccio di interessi economici dei poteri forti, dall’interesse clientelare e ovviamente dal malaffare.
I dati sono inequivocabili: la corruzione in Europa danneggia la finanza pubblica per 120 miliardi di euro all’anno; di questi ben 60 miliardi sono il pizzo, ogni anno, del malaffare in Italia.
Unica classifica internazionale in cui siamo sul podio.
Ma tornando alla Torino Lyon: in questi anni sono cambiati, inequivocabilmente, molti dati che aumentano in maniera esponenziale le ragioni del NO, perché di fatto il “corridoio 5” non esiste più.
Il Portogallo si è sfilato dal progetto (Lisbona- Kiev) depotenziando le finalità del progetto rispetto alla sponda atlantica.
Anche l’Ucraina l’ Ungheria e la Slovenia, Paesi in forte crisi finanziaria si sono sfilate dal progetto.
In Italia:
il Commissario governativo per il tratto TAV da Mestre a Trieste, Bortolo Mainardi, ha affermato che non ci sono le risorse e le ragioni per realizzarlo ponendo l’accento soprattutto sui costi del progetto. «44 milioni a km per il nuovo tracciato non sono sostenibili né da un punto di vista economico né da quello ambientale.
Sono costi eccessivi e inaccettabili in un periodo di forte difficoltà come quello che stiamo vivendo».
Per la tratta Milano-Mestre, non c’è alcun progetto degno di questo nome e soprattutto non c’è alcun finanziamento.
L’attuale tratto ad alta velocità tra Torino e Milano (71 milioni di euro al Km) non è utilizzato dai TGV perché mancano i fondi per adeguare i diversi sistemi di sicurezza ferroviari tra i due Paesi .
Per il tratto Torino-Susa si è rinviato di 15/20 anni l’analisi dei traffici sulla “linea storica” per verificare se serve davvero una nuova linea ferroviaria a fianco dell’attuale, utilizzata solo al 32% delle sue potenzialità.
La Francia non ritiene la Torino Lyon prioritaria e ha rinviato al 2030 la valutazione se progettare e finanziare la tratta Saint Jean de Maurienne –Lyon.
Infine il tunnel di base.
Oggettivamente, in assenza di tutto il resto, un nuovo tunnel non ha proprio alcun senso anche alla luce del recente ammodernamento dell’attuale tunnel del Frejus che permette il transito di treni merci con container (i TGV ci sono sempre passati).
Sul tunnel di base, anche se è fuori da ogni logica, la Francia non dice no…….come mai ?
Il tunnel è lungo 57 Km, di questi ben 45 (pari ai ¾) sono in territorio francese e 12 (pari ad ¼) in territorio italiano: a parte il contributo europeo che deve essere ancora definito, l’Italia si fa invece carico dei costi per ¾ e la Francia per ¼ . La Francia se i costi sono a carico di altri anche per le quote di propria competenza …. perchè dovrebbe dire no…..?
La Torino Lyon, anzi il TAV Susa-Saint Jean de Maurienne, è quindi solo uno spreco di risorse ancor più inaccettabile rispetto al continuo taglio dei servizi, dalla sanità all’istruzione, a danno dei cittadini.
Anche questa è una ragione fondamentale per manifestare il 16 novembre a Susa.
Giovanni Vighetti