Ieri sono apparse due allarmanti notizie sui quotidiani. Da un lato l’allarme lanciato dall’Onu e basato su un rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che afferma che gli eventi metereologici estremi a cui stiamo assistendo sono “inequivocabilmente” causati dall’attività umana, e che rimane appena un decennio per mitigare gli effetti dell’aumento delle temperature a livello globale prima che si arrivi alla completa irreversibilità. L’ONU afferma che servirà uno “sforzo immediato e su larga scala” per ridurre le emissioni.
Gli incendi che stanno devastando mezzo globo, le alluvioni anomale che abbiamo visto all’opera in Renania, le ondate di caldo anomale e le bombe d’acqua a cui assistiamo sempre più frequentemente si inseriscono tutte in questo quadro.
Intanto un’altra notizia passata un po’ più in secondo piano e relegata alle pagine interne dei giornali ci informa di uno studio pubblicato su Nature Climate Change che afferma che la Corrente del Golfo sta rallentando in maniera preoccupante. Secondo la nuova analisi, l’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), che include la Corrente del Golfo ed è responsabile della moderazione di gran parte del clima mondiale, ha subito «una perdita quasi completa di stabilità nell’ultimo secolo».
Un’interruzione definitiva avrebbe conseguenze catastrofiche sui sistemi metereologici mondiali causando l’innalzamento del livello del mare nell’Atlantico, un maggiore raffreddamento e tempeste più potenti in tutto l’emisfero settentrionale. Inoltre produrrebbe l’interruzione delle precipitazioni su cui miliardi di persone fanno affidamento per coltivare i raccolti in Africa, Sud America e India. L’Europa si dovrebbe misurare con temperature simili a quelle del Canada e dell’Alaska. Un’eventualità del genere avrebbe un effetto ecosistemico devastante in grado di provocare a catena carestie e ulteriori crisi sociali.
Questo è il mondo che ci sta consegnando un sistema di sviluppo basato sulla totale irrazionalità del profitto. Per impedire che gli esiti più nefasti della crisi climatica si verifichino è necessario ridurre immediatamente le attività umane inquinanti che non siano essenziali o necessarie (come la cultura e la sanità ad esempio). Bisogna farlo qui ed ora. Non fra dieci anni, non fra cinquanta.
Mentre il mondo è letteralmente in fiamme qui in Italia si rilanciano produzioni inquinanti e si progettano nuove e vecchie opere inutili dall’impronta carbonica ed ecologica devastante. Il TAV Torino-Lione (con le sue 10 milioni di tonnellate di CO2 emesse in caso di costruzione) è solo il tassello di un puzzle di sfruttamento e devastazione che porterà le generazioni future a vivere crisi e catastrofi che non hanno precedenti nella storia recente dell’umanità.
Chi ancora pensa che un compromesso tra la crescita infinita e la sostenibilità ambientale o è un illuso, o non ha avuto occasione di approfondire, o è in malafede. Tempo addietro dicevamo “per essere No Tav non serve essere valsusini, basta essere onesti”. Oggi questo concetto vale in senso molto più generale per quanto riguarda la crisi climatica.