post — 9 Ottobre 2024 at 02:09

Contro il vostro progresso la nostra rabbia!

Pubblichiamo di seguito l’appello degli studentə dei collettivi autonomi romani per la mobilitazione che si terrà a Roma venerdì 11 ottobre.

In un mondo anestetizzato dal vostro progresso, che comporta crisi, armi e devastazione ambientale, noi studentə dei collettivi autonomi romani scendiamo in piazza contro le grandi opere devastatrici, portate avanti dallo stato, servo dell’elite borghese che vuole fare dei territori italiani il proprio giardino, utile a dirigere missili e ad alimentare la velocità del trasporto delle merci, e finanziato con i soldi dellə cittadinə, per gonfiarsi le tasche.

La devastazione inizia dalla Val di Susa, dove da più di 30 anni lo stato italiano, quello francese e l’unione europea sta portando avanti la costruzione della nuova linea ad alta velocita Torino-Lione(TAV).

Il progetto della TAV consiste nel costruire una nuova linea ferroviaria, che permetta il passaggio dei treni ad alta velocità che colleghi Torino e Lione, e che passi per i territori della Val Susa.

La TAV, oltre ad avere un costo stimato di oltre 20 miliardi di euro è un vero e proprio mostro pronto a scagliarsi contro i territori della Val Susa, infatti la costruzione della TAV causerebbe una tale quantità di CO2 emessa che ci si rientrerebbe in oltre 40 anni. Inoltre all’interno delle montagne della Val Susa è presente una grande quantità di Amianto, tossico per le persone chiamate a scavare il tunnel di base; la costruzione e l’ampliamento dei cantieri della TAV sta facendo riempire l’acqua delle montagne della Valle, che viene bevuta dallə cittadinə di tutto il Piemonte, di PFAS, ovvero sostanze resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione grazie alla presenza di legami molto forti tra atomi di fluoro e carbonio e che causano effetti negativi per la salute dell’esere umano e per l’ambiente, tra i 10 e i 96 nanogrammi per litro, quando il limite di legge in Italia è di 100 ng/L e in altri paese, come la Danimarca, è addirittura di 2 ng/L.

La sfrenata voglia da parte delle istituzioni di costruire l’opera ha comportato in passato numerosi espropri di territori ai danni dellə abitantə della Valle, inoltre ha causato la militarizzazione dell’intera Val Susa, trasformando gli spazi adiacenti ai cantieri in zona rossa sotto il controllo constante di militari e poliziotti.Negli ultimi giorni stiamo assistendo all’esproprio del presidio NO TAV di San Giuliano di Susa, un terreno acquistato collettivamente da oltre mille compagnə del movimento NO TAV nel 2012, situato dove vogliono stanziare un cantiere della grandezza di oltre 80 campi da calcio per costruire la nuova stazione. La costruzione di questo enorme cantiere causerebbe un ulteriore danno alla purezza e alla potabilità dell’acqua della Val Susa, l’esproprio di diverse abitazioni per molti mesi, lo stop al treno da Bussoleno a Susa e della statale: un’intera valle bloccata per diventare il corridoio di passaggio da cementificare e da rendere fonte di facili profitti.

Scendendo più a sud, arrivando in toscana, in località Coltano troviamo un altro mostro devastatore: la base militare di Coltano, destinata ad ospitare il reggimento paracadutisti Tuscania, che sorgerà in un parco occupandone, secondo il nuovo progetto,oltre 140 ettari (prima dovevano essere 73). Questa grande opera militare, che si è deciso costruire nel 2022 senza confrontarsi in alcun modo con le comunità locali, avrà un costo di oltre 520mln di euro, tutti soldi sottratti alle politiche sociali, alla scuola, alla sanità. Quello della base militare di Coltano è un progetto inutile, che porta avanti il processo di militarizzazione dell’Italia avviato dalla NATO, che deturpa i nostri territori con la cementificazione e sfrutta la posizione strategica dell’Italia all’interno del Mar Mediterraneo per inviare o dirigere missili, come accade in Sicilia con il MUOS.

Basta spendere soldi per finanziare le campagne belliche, che ci preparano ad un futuro di guerra, della quale si iniziano a percepire gli odori, tra chi come la Macron vuole spedire delle truppe europee a combattere in Ucraina, chi come il Ministro Salvini vuole reintrodurre la leva obbligatoria, e chi come Netanyahu vuole portare avanti a tutti i costi il proprio piano coloniale.

Un altra grande e spaventosa opera inutile sorge tra la Sicilia e la Calabria ed è quella del Ponte sullo Stretto di Messina, opera che costa oltre 14 miliardi di soldi pubblici, che devasterebbe l’ecosistema del ponte sullo stretto e sarebbe unicamente un aiuto alle mafie e al compimento del processo di militarizzazione della Sicilia; infatti il ponte , non solo servirebbe per lo spostamento dellə civilə, ma soprattutto per il transito di merci ad alta velocità e di materiali militari, completando i collegamenti ferroviari con Kiev, passando per la nuova linea che vogliono costruire al Brennero o per la suddetta Val Susa.

Inoltre il ponte sullo stretto causerebbe anche la totale espropriazione delle risorse dei territori siciliani, vittime della malagestione amministrativa, della totale assenza dell’istituzione statale che non ha mai avuto, ed oggi più che mai non ha, alcun interesse a migliorare le condizioni di vita dellə sicilianə, ma è volto unicamente allo sfruttamento dei loro territori. In una regione, quella della Sicilia, dove per spostarsi da un capo all’altro dell’isola ci possono volere oltre 10 ore, dove quest’estate è mancata l’acqua nelle abitazioni, dove i laghi si stanno prosciugando, dove mancano ferrovie, autostrade e soprattutto manutenzione, regione che sarà la prima tra le vittime dell’autonomia differenziata, legge che aumenterà ancora e notevolmente le disuguaglianze tra una regione e l’altra, invece di investire per migliorare le condizioni di vita dellə abitantə, si investe per unirla alla penisola con un pezzo di cemento, costoso e dannoso.

Nonostante sia chiaro che non si possa più andare avanti cosi, come è chiara la volontà dellə cittadinə di opporsi a queste opere devastatrici, il governo non vuole saperne di farsi consigliare dal dissenso sociale, anzi sta per approvare una legge liberticida che proibisce persino di esprimere il proprio dissenso pubblicamente nei confronti delle grandi opere inutili: un vero e proprio terrorismo della parola. Il DDL 1660, infatti tra le sue mille sfaccettature, tutte volte ad innescare un ingranaggio repressivo capace di sopprimere i movimenti sociali, ha quella legata alle proteste contro le grandi opere, le quali creano problemi agli interessi di pochi privati che desiderano lucrare sulle spalle dellə italianə e a loro spese. Se il decreto sarà approvato al senato ci sarà un inasprimento delle pene per chi dissente e in particolare un aggravante per chi si oppone alla costruzione delle grandi opere, inoltre ci saranno pene fino a due anni se si blocca una strada o un treno durante una manifestazione, rendendo così reato quello che fino ad ora è un illecito amministrativo e criminalizzando il legittimo dissenso nei confronti delle opere di militarizzazione e cementificazione.

Questa non è la nostra idea di progresso, non c’è progresso nella devastazione ambientale, non c’è progresso se si continuano a prendere decisioni secondo gli interessi di un elite che vuole far lievitare i propri guadagni. Non c’è progresso nell’ ostinarsi a procedere in questa direzione, quella che porta a credere che sia possibile opporsi alla crisi climatica continuando a vivere all’interno di una società consumistica, nella quale i prodotti commercializzati e venduti in Europa vengono fabbricati nei paesi asiatici, sfruttando lə lavoratorə, e poi trasportati fino a qui, inquinando sempre di più. Non c’è opposizione alla crisi climatica senza l’intenzione di ridurre il consumo e e di rinunciare a sostenere le lobby degli allevamenti intensivi.

C’è progresso quando in una società c’è la volontà di creare della sicurezza sociale, di mettere di fronte agli interessi dei privati gli interessi della collettività; c’è progresso quando si smette di inviare armi impiegate in un genocidio, quando si lavora sulla tutela delle minoranze e soprattutto ci sarà progresso quando si arriverà a capire che non possiamo andare avanti così.