Si è pronunciato l’altro ieri il Tribunale di Torino che ha confermato l’applicazione della Sorveglianza Speciale per Eddi. La disposizione conferma la precedente dopo anni di udienze iniziate al rientro di Eddi dalla Siria, dov’era entrata a fare parte delle YPJ, l’Unità di protezione delle donne curde.
Le Ypj insieme alle Ypg (l’Unità maschile) sono di fatto gli unici corpi che combattono l’Isis ogni giorno grazie anche all’apporto di figure come quella di Eddi che da tutto il mondo decidono di partire perché spinti dall’amore per un mondo in cui le donne possono essere libere e per un futuro dignitoso per tutte e tutti. Di fatto, l’operato che prestò Eddi guardava ad un disegno migliore di vita globale.
Infatti, il Tribunale di Torino in sostanza non attacca Eddi per quanto ha svolto in Siria, bensì per la partecipazione a movimenti per la difesa dei territori e dei diritti alla casa, al lavoro e contro le disuguaglianze sociali, definendo le manifestazioni universitarie, ambientaliste, per i diritti sul lavoro e contro l’invasione turco-jihadista del Rojava «pericolose» e «gravissime». Sono sfide «all’autorità» poste in essere in luoghi pubblici. Il collegio rivendica nel decreto nero su bianco la potestà della sezione preventiva del tribunale di utilizzare notizie di polizia non entrate in processi penali, elementi desunti da processi ancora in corso e persino da procedimenti che si siano conclusi con un’assoluzione – insomma – avoca in sostanza a sé il diritto di giudicare al di fuori delle garanzie previste per uno stato di diritto e secondo criteri di assoluta eccezionalità. Quindi, nei fatti, con piena arbitrarietà.
Una volta in più il Tribunale di Torino mette a giudizio le idee e le appartenenze degli imputati e non di fatto i reati. Di nuovo, ad essere punite sono le idee. Nonostante nel tempo un’ampia mobilitazione civile, espressione pubblica di numerose opinioni anche giuridiche in dissenso, appelli di centinaia di giuristi e personalità della cultura, opere, libri e documentari dedicati a Eddi e alla sua vicenda.
Questa sentenza getta vergogna sull’istituzione, dimostrando che il suo personale non ha la caratura morale per formulare giudizi su vicende che comportano la morte o la sofferenza di milioni di persone. Questo giudice, come quello precedente, cerca di lateralizzare la vicenda siriana di Eddi pretendendo che essa, che pure è conditio sine qua non dell’intera iniziativa giudiziaria, abbia ceduto il passo a ben più gravi attività politiche svolte in Italia.
Eddi è partita nel 2017, nel suo corpo già scorreva il sangue No Tav, quello di chi si batte contro le disuguaglianze sociali e in difesa dei diritti dei più deboli. Gli ideali a cui ha sempre guardato Eddi, parlano di un mondo in cui le donne possano essere finalmente libere di vivere. Ma per il Tribunale di Torino oggi Eddi si ritrova a doversi confrontare con una misura che deriva dal Codice Rocco, quindi risale ai tempi del fascismo, certamente fuori da ogni logica.
La problematica sollevata dai Comitati torinesi in sostegno all’Amministrazione autonoma della Siria del nord-est, che abbracciamo come movimento No Tav, evidenzia dunque la parzialità di una struttura giudiziaria che su Eddi ha agito ripescando atteggiamenti scollegati tra loro e scevri del contesto, per collegarli senza un senso logico, appositamente per costruire una figura socialmente pericolosa.
Se qualcuno ancora avesse dubbi su cosa è oggi il tribunale di Torino, consideri la provocazione conclusiva del decreto. Eddi ha chiesto che le venga restituita almeno in parte la somma di 1.000 euro che ha dovuto versare allo stato come “cauzione” per essere sorvegliata, facendo presente che, per una lavoratrice della ristorazione, questo non è un periodo facile; e che chi è sottoposto a sorveglianza speciale perde automaticamente il diritto a qualsiasi sussidio corrisposto dallo stato. Il collegio risponde a p. 24: «Tra il 2018 e il 2019 la proposta ha affrontato le spese di un lungo viaggio in zona di belligeranza, per poi rientrare per via aerea, così palesando capacità reddituale non minimale».
Solidarietà a Eddi, a cui è stata ingiustamente assegnata una misura dura voluta solo per punire e zittire. Continueremo la lotta anche per lei che tanto ha dato alla Valsusa, continueremo senza farci spaventare, anzi, più determinati di prima. E a lei va tutto il nostro sostegno e la nostra forza.
Eddi, continua a testa alta!