Un quartiere, strade, viali e giardini, rari, grigi, che si fanno spazio tra le case. Luoghi di popolo, nel quartiere del Giambellino, dove, accanto alle piole cantate da Gaber, trovano posto kebab, ristoranti e parrucchieri cinesi. Dalle botteghe volti migranti venuti da lontano, che si affacciano a guardare il fiume umano, punteggiato di drappi e striscioni, illuminato da torce e fuochi d’ artificio.
Si cammina in una Milano grondante di pioggia e di tristezza, per gridare il nome di Guccio, stretti tra rabbia e ricordi. Ci siamo anche noi dalla Valle, a salutare Guccio che fu con noi, ai campeggi, alle camminate NO TAV, alle azioni cui dava l’apporto appassionato di un grande cuore e di un’ acuta intelligenza.
Canti, bandiere, interventi, ma soprattutto passi; e la città del sabato sera che si ferma a guardare, a chiedere… Guccio vive, sicuramente, in quelle voci che gridano slogan e canzoni mentre il cuore piange.
Si ritorna alla Pizzeria occupata. dai tetti parte una girandola di stelle cadenti, fontane di luci, arabeschi di luminarie a sfidare il buio.
In alto, contro il cielo ardono fiaccole e, ad un tratto appare una bandiera, immensa, rossa, sventolata da un’esile figura, come un saluto di lontano, presto inghiottito dalla notte.
“Nessuno o tutti; o tutto o niente; è solo insieme che dobbiamo lottare…”.
Refoli di vento frenano la pioggia, si impigliano tra il fogliame malato delle siepi spartitraffico. Ma tu forse ora sei nel vento di Clarea, Guccio, e hai il respiro dei boschi e il passo silenzioso degli animali della selva; sempre con noi, vivo nelle lotte, perché chi ha compagni non morirà.
Nicoletta