Riceviamo da Luca Giunti e volentieri pubblichiamo
La Commissione Europea annuncia di regalare 800 milioni alla Torino-Lione e subito partono le interpretazioni più estreme. E’ il via libera definitivo, l’Europa paga il 40%, ogni dubbio è svanito. No, sono briciole, l’Europa si sfila, la sottrazione è imponente (dal 40 al 26%).
Mettiamo in fila un po’ di documenti e vediamo se ci aiutano a capire.
- Il 26 febbraio 2015 i ministri Vidalies e Lupi scrivono al Commissario europeo ai trasporti Violeta Bulc la domanda di finanziamento, presentando “un dossier ambitieux de demande de subventionde près de 1,28 milliards d’euros reposant sur environ 3,06 milliards d’euros de dépenses prévisionnelles pour la période 2014-2020”. Lo stesso giorno la società TELT in un Comunicato Stampa annuncia che “a remis ce matin à l’Union européenne le dossier de demande conjointe de la France et de l’Italie pour un financement à hauteur de 1,2 milliard d’euros, sur les 3 milliards de travaux, pour la réalisation de la section transfrontalière de la future liaison ferroviaire, fret et voyageurs, Lyon-Turin”.
Questo punto è dunque assodato: Italia e Francia chiedono all’Europa quasi un miliardo e 300 milioni e ricevono solo 813 milioni. La ragione di tale riduzione non è conosciuta e le rassicurazioni del direttore di TELT – secondo cui l’UE verserà la rimanenza nel 2019 – appaiono soltanto una stanca difesa d’ufficio. Cerchiamo allora altri documenti ufficiali che possano orientarci.
- Cominciamo da un ponderoso studio sul Corridoio Mediterraneo che la Commissione Europea ha pubblicato a dicembre 2014. In 440 pagine afferma – tra l’altro – che il percorso tra la Spagna e l’Ungheria presenta criticità diffuse, dal diverso scartamento ai software di segnalazione, dai nodi urbani alle interconnessioni, dalle tratte mai progettate alle scelte divergenti che ogni Paese adotta. Insomma, il pezzettino tra Torino e Lione non è l’unico incerto, anzi. Spulciando i dati raccolti, si apprende poi – per esempio – che tra Spagna e Italia le merci oggi viaggiano via mare per i 2/3 (e quindi non è ragionevole spostarle sulla ferrovia) oppure che tra Francia e Italia percorrono per il 60% distanze minori di 200 km (e quindi non è plausibile che in futuro sfruttino i treni).
Forse l’Europa nutre dubbi sull’efficacia del traforo? Forse. Intanto mette le mani avanti e si limita a finanziare il minimo indispensabile, ricordandosi che già nel 2013 aveva ridotto il suo contributo al cunicolo di Chiomonte perché Francia e Italia erano (e sono) in grave ritardo.
E i due Stati, da parte loro, sono così sicuri dell’irreversibilità della grande opera? Le perplessità transalpine sono qualificate e pubbliche, dalla Corte Conti al Comitato Mobilità 21, che ha declassato la priorità della Lione-Torino rimandandola a dopo il 2030. Meno raccontate dai giornali sono le indeterminatezze italiane. Vediamone due tra le più significative.
- Il DIPE (Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica) il 19 febbraio 2015 ha scritto al Governo (Prot. 811): “Il progetto della tratta italiana non ha, da solo, i requisiti di funzionalità. La sua approvazione non consente l’avvio dei lavori definitivi che resta subordinato all’approvazione di un protocollo addizionale e che dovrà tenere conto in particolare della partecipazione definitiva della UE. Rimane pertanto indeterminato l’importo a carico dell’Italia dell’intera Sezione transfrontaliera di cui il progetto costituisce uno stralcio non funzionale” (grassetto originale). E non si limita a rilievi economici. Il DIPE contesta anche l’utilità della stazione di Susa, che – dice – poteva avere un senso con l’interconnessione a Chiusa, ma con l’anticipazione a Bussoleno diventa un doppione inutile di quella stazione, bruciando più di 60 milioni di euro (a preventivo…). E finisce raccomandando, ancora in grassetto originale: “Occorre che siano indicati i costi, ancorché stimati, e la relativa fonte di provenienza, della Sezione internazionale e della Parte comune italo-francese”. Ma come, non erano “costi certificati”?
- Ancora più severo è il giudizio del Ministro Padoan, che nell’Allegato Infrastrutture al Documento di Finanza 2015 afferma: “Si tratta di grandi opere giustificate da analisi che tengono conto dei costi e dei benefici di lungo periodo, ma che non possono essere finanziate dai privati considerato il troppo basso tasso interno di rendimento per investitori di mercato. Per il finanziamento di tali opere occorrono contributi pubblici comunitari e nazionali a fondo perduto accompa-gnati da condizioni favorevoli di indebitamento per gli Stati membri e la Commissione”.
Può bastare. Ormai sono molte le carte che criticano la NLTL (Nuova Linea Torino-Lione – non tanto nuova in verità visto che si trascina da oltre 25 anni). Formano un corpus consolidato, autorevole e ben conosciuto, prodotto non certo dai NoTav ma da istituzioni pubbliche, funzionari ministeriali ed economisti liberali. Sono loro che, per primi, non credono più alla Torino-Lione. Di conseguenza, cercano almeno, meritoriamente, di ridurre lo spreco di denaro pubblico, europeo o italiano che sia.