Quando ho deciso di andare in Valle per raccontare ciò che avrei visto in prima persona, ero convinta che sarebbe stato facile, una volta tornata a casa, mettere ordine nei pensieri, nelle considerazioni e nelle impressioni di questa mia breve incursione.
Non avevo previsto che sarei stata travolta da così tante emozioni da non essere neppure certa di riuscire a trovare le parole giuste per descrivere cosa ho provato (e imparato) parlando con chi da anni, giorno dopo giorno, combatte per qualcosa in cui crede.
La premessa è che questo non sarà né un articolo tecnico sulle questioni inerenti alla Val di Susa, né un racconto equidistante e “asettico”. La mia è una testimonianza di quello che si prova a stare lì, una testimonianza che non può che essere di parte.
Lo dico con la serenità e la profonda convinzione che questo attributo non sminuisca affatto il valore delle mie parole: in certe occasioni è un preciso dovere morale prendere una posizione, difenderla e portarla avanti con quelle ragioni che diventano anche le tue stesse ragioni.
Sull’importanza della lotta che si combatte in Val di Susa tutti i giorni, e sulle ragioni della sua stessa legittimità, ero già convinta prima di andare. Ora, a posteriori, non posso che riconfermare la mia convinzione e ribadirla con nuovi buoni motivi per farlo.
Io sto con la Val di Susa.
Io sto con i “NoTav”.
Io, sono “NoTav”.
La scelta di mettere la parola “NoTav” tra virgolette è legata al fatto che nonostante la necessità tipicamente umana di semplificare, di dare un nome per praticità e brevità ad un fenomeno per poterlo descrivere in pochi secondi, è sempre opportuno ricordare come questi nomi a volte siano troppo modesti e quasi riduttivi.
Questa è una di quelle volte.
Queste due parole costringono dentro una definizione breve la profondità di un pensiero e di una lotta che non si limita all’opposizione alla costruzione della linea ad alta velocità, ma ha un respiro ampio, che supera e travalica la questione specifica e i confini della Valle stessa per diventare un messaggio e un insegnamento.Un monito per ricordare e ricordarci quanto sia fondamentale e vitale difendere la propria terra e il diritto stesso di ciascuno a difenderla.
Sembrerebbe quasi un gioco di parole, ma non lo è: ciò che viene concettualmente messo in dubbio e fisicamente ostacolato in Val di Susa, costantemente e con una prepotenza intollerabile, non è solo la legittimità delle ragioni dei Valsusini (e di quanti si riconoscano nella loro lotta), ma anche il diritto stesse di esprimerle, di battersi per farle valere e per venire ascoltati. E’ questa quella prepotenza che dovrebbe far dire a tutti “io sto con la Val di Susa” e spingere chiunque a prendere le parti di chi con civiltà e amore porta avanti le proprie idee. Un amore sconfinato per luoghi e persone, un rispetto palpabile nell’atteggiamento di cura e protezione da cui chiunque si trovi lì viene investito e avvolto.
Mi sono sentita a casa.
Mi sono sentita in pochi attimi dentro una comunità incredibilmente coesa e per questo forte e determinata.
Mi sono trovata a osservare come questo amore per cose e persone sia praticato costantemente nelle azioni, a partire da quelle che troppo spesso e superficialmente consideriamo opzionali: non buttare nulla per terra e se possibile raccogliere quello che buttano gli altri.
Piccoli e grandi gesti di civiltà.
Quanto può sporcare una manifestazione “NoTav” di 80.000 persone?
Una fila compatta di 8 km di persone quanti segni del proprio passaggio può lasciare lungo la strada?
La risposta è “niente”.
Alla coda del corteo del 23 Marzo alcune persone raccoglievano i pochissimi rifiuti della manifestazione e la moltissima spazzatura lasciata ai bordi delle strade da automobilisti molto meno rispettosi.
Basterebbe solo questo piccolo gesto per riassumere la grande battaglia di civiltà che si racchiude dentro il movimento NoTav.
Basterebbe pensare che questo gesto viene ripetuto anche ogni volta che, in seguito ad un’azione repressiva, i resti dei lacrimogeni rimangono in giro per la Valle in attesa che quelle stesse persone che il giorno prima li hanno respirati, li raccolgano per portarli nel luogo più adatto a questo genere di cose: la spazzatura.
Daniela Casula, per Informare per Resistere.
– Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!