Apprendiamo dai giornali la notizia che nella notte alcuni macchinari del cantiere Telt di Modane hanno preso fuoco.
C’è chi parla di attentato, come i giornali italiani e d’oltralpe, cercando da subito di inserire in una narrazione terroristica un’azione di questo genere.
Delimitando immediatamente il campo per squalificare e criminalizzare movimenti che si battono per la difesa dei territori e per un’etica ecologista. Non a caso in Francia sappiamo bene che un movimento come Soulevement de la terre ha dovuto confrontarsi con una pesante accusa di ecoterrorismo, neologismo targato governo Macron, e il conseguente decreto di dissoluzione che ha reso di fatto “illegale” la possibilità di fare rete tra le molteplici lotte ambientali presenti sul territorio dell’esagono. Una dinamica che va di pari passo con la sistematica criminalizzazione del movimento No Tav alle nostre latitudini.
Mezzi che prendono fuoco possono essere il risultato dell’assoluta mancanza di sicurezza all’interno dei cantieri, che sappiamo essere cosa nota nei grandi cantieri di Telt, così come un gesto da parte dei No Tav francesi per esprimere la propria contrarietà all’opera.
Non siamo di certo noi a voler individuare l’origine di quel che è successo, ma certamente quello che è capitato non può che darci la misura del significato che hanno questi cantieri pericolosi, ecocidi e dannosi per i territori e chi li abita. Così come la dimensione di lotte che hanno la necessità e la potenzialità per intersecarsi e progettare insieme un futuro sostenibile e giusto per tutti e tutte.