di Gabriella Tittonel – TG Valle Susa
Settimana di gran lavoro la scorsa settimana al cantiere del tunnel geognostico in val Clarea, con gran macinare di pietre all’interno della galleria e deposito nei siti di raccolta, da dove poi i grandi cucchiai meccanici hanno ripreso la farina di pietra, le pietre, per caricarle sui camion e portarle nella zona terrazzata a sud.
Terra e pietre. Polvere. Mescolata, uscendo dalla galleria, con una serie di getti d’acqua posti ad inizio del nastro trasportatore. Con l’intento di neutralizzare, nascondere, riportare a terra le finissime particelle.
Che tra goccia e goccia scendono, le più pesanti, mentre le più leggere, le più piccine, le più insidiose salgono, verso le zone più alte del cantiere e poi si conquistano l’aria di valle. Contribuendo a nascondere orizzonti dietro metropolitane nebbie. Nebbie che sicuramente presenteranno prima o poi il conto sulla salute degli abitanti.
E per la prima volta, lo scorso venerdi, qualcosa di nuovo è avvenuto nell’aria, perché per un paio d’ore i militari posti a guardia dei confini, hanno indossato le mascherine. Allarme? Poi rientrato? Non è dato saperlo. Perché il cantiere della irrinunciabile, costosissima ed inutile opera viaggia su binari top secret.
No a chi si vuole avvicinare ai confini, si ai costanti controlli su chi transita tra strada e sentieri.
Questo per gli umani. Perché alle polveri nulla è richiesto. E così viaggiano, anonime e indisturbate. Facendo a pioggia “regali” a scadenza variabile. Nessuno, su questo, ha nulla da obiettare?