Ci siamo presi qualche giorno per tirare le somme di questa ottava edizione del Festival Alta Felicità, una tre giorni in cui la Valsusa e il territorio di Venaus si sono trasformati in un laboratorio di esperienze e condivisione, andando ben oltre la già ricca programmazione culturale e artistico-musicale.
Migliaia di persone hanno vissuto l’area della Borgata e del Festival, esplorando Venaus con i suoi mercatini e con i commercianti che ogni anno, per l’occasione, si preparano ad una maratona non stop. Gite, esplorazioni, sentieri partigiani, il tutto volto ad uno sforzo collettivo per far conoscere le bellezze naturali di questa valle, così fortemente minacciata da un’opera distruttiva come il Tav e dal cambiamento climatico che ovviamente non risparmia le nostre latitudini.
No Tav di ogni età camminavano per il Festival con un cartello al collo che riportava “chiedimi perché sono No Tav”. Ed ecco che i prati si sono trasformati in classi di giovani assetati di domande, disorientati dalla propaganda dei media mainstream che stigmatizzano da anni oramai un’esperienza unica sul territorio italiano, entusiasti e partecipi di uno stare insieme che già di per sé diventa un fare la “differenza”, perché fuori dai soliti schemi di produzione e consumo. Il Festival è di chi lo partecipa ed infatti per tre giorni abbiamo visto colori, spontaneità, collaborazione, rispetto e gioia. Internet prendeva poco ed è stata l’occasione per far riposare gli smartphone e distendersi sull’amaca in un variopinto villaggio che si è creato tra gli alberi (che spettacolo!) per fare due chiacchiere, cantare una canzone, concedersi un riposo a metà giornata.
I detrattori parlano di “fannuloni”, ma la generazione che ha letteralmente invaso il Festival è invece ricca di cultura, curiosità e idee trasformative del passato, con un forte senso ecologista e la voglia di fare prima i poi i conti con chi ci vorrebbe riportare al medioevo e non rispetta le diversità e le esigenze di un pianeta oggi in fiamme. Anche quest’anno abbiamo potuto imparare molto da loro, dalle loro domande e dai loro sogni, che rappresentano (con buona pace dei Vannacci boys) il futuro di questo paese. Oggi per questi giovani c’è ben poco, ma siamo sicuri che sapranno costruirsi un futuro diverso.
Questo Festival, così inviso dai poteri governativi, ogni anno diventa uno sfacciato terreno di contrapposizione: intimidazioni agli amministratori del territorio, minacce di vario tipo, diffide e ordinanze di “necessità e urgenza”, che oramai regolano la vivibilità di una buona frazione del territorio della Valle in maniera continuativa (anziché in modalità straordinaria) e che difettano evidentemente di legittimità. Quello dell’Alta Felicità si è trasformato con gli anni nel Festival più “controllato e verificato” di tutto il Piemonte e, con l’obiettivo di non farlo partire, è stato controllato centimetro per centimetro da varie commissioni e controlli a sorpresa. Ma, dopo che anche l’ultimo fornello è stato ispezionato, ci siamo sentiti dire, senza nostra sorpresa ovviamente, che era “tutto in regola”!
Si è discusso di politica, nazionale ed internazionale. Guerra, Palestina, estrattivismo e depauperamento dei territori, vertenze lavorative, migrazioni e sfruttamenti, discriminazioni sui corpi e di genere, decreto sicurezza e spinte autoritarie sono solo alcuni dei temi trattati nei vari tavoli di discussioni, decine di libri e dossier presentati, spettacoli teatrali e assemblee di movimento, insomma, il Festival si è confermato un luogo di stimolante discussione e di creazione di orizzonti futuri.
La manifestazione organizzata dal Movimento No Tav nei giorni del Festival ha visto una partecipazione straripante di almeno 10000 persone che, divise in due cortei, hanno raggiunto i luoghi della devastazione. Tutti e tutte hanno potuto vedere con i loro occhi l’offesa alla natura e al buon senso comune, la militarizzazione di aree del territorio trasformate in zone strategico nazionali e di fatto sottratte alla popolazione e destinate alla distruzione. Non ci sono altri termini per definire lo scempio in corso, ora che continuano le opere propedeutiche e il tunnel di base non è ancora stato costruito. L’Europa sta tagliando i fondi, i costi previsti lievitano a dismisura, ma sappiamo bene che l’assennatezza non è un qualcosa a cui possiamo appellarci in questa storia, se fosse stato possibile la questione si sarebbe chiusa molti anni fa.
E invece dopo 30 anni siamo ancora qui, generazione dopo generazione, a sfidare l’emblema di un capitalismo distruttivo, fuori tempo massimo, insulto alle reali esigenze della società, dei territori e del pianeta. Noi che in maniera ostinata proseguiamo a lottare, continuiamo a non vedere un’alternativa alla cancellazione di quest’opera inutile e dannosa. A prescindere da quale sia il prezzo, noi non molleremo mai!
Avanti No Tav!
(foto copertina D.Fulchieri, foto galleria MLBariona)