La Corte d’Appello di Torino ha oggi assolto Roberta, la ricercatrice che aveva partecipato a numerose iniziative valsusine nell’estate del 2013 al fine di poter poi redigere una tesi sul Movimento No Tav per l’Università Cà Foscari di Venezia.
Roberta aveva così partecipato, tra le altre, all’iniziativa di un folto gruppo di giovani studenti che si erano recati in corteo, presso la ditta Itinera (allora impegnata nei lavori per lo scavo del tunnel geognostico a La Maddalena) prima ed a Salbeltrand poi per manifestare le ragioni di contrarietà al Tav. Tutti i giovani erano poi stati identificati dai CC di Susa e deferiti all’Autorità Giudiziaria per i reati di occupazione, imbrattamento, resistenza aggravata a pubblico ufficiale e violenza privata ai danni di un camionista della ditta. Oltre 40 giovani si sono poi visti assolvere dal G.I.P. prima, dal Tribunale per i Minorenni dopo ed infine dal Tribunale. Tutti tranne Roberta. Perché?
Perché il buon Rinaudo, all’epoca in fissa con i cosiddetti “cattivi maestri” del Movimento (vedi i processi a carico di De Luca e di Vattimo), aveva avuto la geniale idea di mandare i Carabinieri all’Università di Venezia per acquisire la tesi di laurea di Roberta per poi produrla nel processo sostenendo che, siccome l’imputata aveva utilizzato ilcosiddetto “noi partecipativo” nella redazione della tesi, aveva evidentemente partecipato in prima persona alle contestate condotte delittuose. A nulla valsero le prove fotografiche della sua estraneità ai reati e neppure la spiegazione circa l’utilizzo di una cifra stilistica propria del metodo di ricerca antropologico (Roberta si è laureata in antropologia culturale, etnologie ed etnolinguistica) e Rinaudo ottenne così, complice un G.I.P. superficiale ed ignorante (nel senso proprio del termine), la sua bella sentenza di condanna.
Ora Rinaudo è in pensione ed il Procuratore Generale, che oggi sosteneva l’accusa in aula, evidentemente affetto dalla stessa ignoranza di cui sopra, ha chiesto la conferma della condanna. E qui l’ignoranza si fa grave perché dopo la condanna di primo grado si era sollevato il mondo accademico nazionale ed internazionale gridando, peraltro giustamente, al bavaglio alla ricerca antropologica e non solo (soprattutto se la ricerca è sul Movimento che tanto spaventava e spaventa la Procura torinese). Tutti i media avevano dato ampio risalto ad una condanna che preoccupava e scandalizzava. Il Procuratore Generale evidentemente però non si è informato ed oggi ha ricalcato nel orme di Rinaudo. La Corte d’Appello però ha assolto Roberta con la formula più ampia.
Roberta però, come tanti di noi, per ben 5 anni, ha dovuto subire un processo ingiusto per il quale nessuno pagherà.
Che giunga allora a Rinaudo almeno l’ulteriore prova del declino della sua opera persecutoria, peraltro unitamente alla recente eco di un rilancio straordinario del Movimento No Tav.