Alle donne e agli uomini della Val di Susa.
Domenica sono salita a Venaus e vi ho conosciuto.
Siete tanti, molti della mia età. Avete ringraziato me e gli altri genitori per aver messo al mondo e cresciuto i nostri figli così come sono.
Mi avete fatto sentire orgogliosa, vi ho scoperti orgogliosi.
Orgogliosi della vostra terra, dei vostri valori del vostro lavoro e della vostra lotta.
Uno di voi mi ha detto: “Noi siamo gente umile, semplice, unita e se anche non ci conosciamo tutti per nome, ci riconosciamo.”
E così voi e i nostri figli vi siete incontrati e riconosciuti.
Mi avete accompagnato fino al piccolo fazzoletto di terra che condividete e da cui ho potuto vedere il cratere di quel cantiere che ha devastato la vostra montagna e i vostri boschi.
Ho visto dove è bruciato il compressore, il “pilone di Luca” e da lì ho scrutato tra i sentieri e gli alberi e ho visto e sentito le voci della protesta, le corse, i canti, il rumore delle battiture, le grida, il fumo, le bandiere, la paura e il coraggio.
Alcuni, tra militari e forze dell’ordine, ci osservavano, respirando, anche loro, “quella” polvere sollevata dal vento.
Il giorno dopo, quando sono andata a trovare Niccolò ad Alessandria, ero più consapevole della strada che mio figlio ha deciso di percorrere e soprattutto ho sentito che non ero sola mentre attraversavo i corridoi che mi conducevano alla stanza dei colloqui.
Fuori, come sempre c’erano Marianna e Francesco che mi aspettavano, ma in più, oggi tra quelle mura sentivo il profumo che fuoriusciva dal pacco che avevo lasciato all’entrata. Profumo di salumi, formaggi, pietanze cucinate da voi, cibo che nutrirà il corpo e lo spirito di questo mio figlio orgogliosamente ribelle.
Grazie dell’affetto che mi avete dimostrato e state certi, non so quando, ma tornerò.
Patrizia (mamma di Niccolò)