di Teresa Tacchella su “Il Fatto Quotidiano” del 17 novembre 2014
Sorvegliata speciale, come tante altre in questi ultimi tempi, preoccupa la frana che scivola sul greto del torrente Scrivia, in Piemonte. Tanto che viene monitorata 24 ore su 24, dopo le ultime piogge che hanno inzuppato un terreno già fragile. Siamo nella zona di Libarna, a pochi passi dal sito archeologico testimone della città romana che sorgeva sulla via Postumia, nel comune di Serravalle Scrivia, provincia di Alessandria. Quella che passa da qui è la storica “sabauda”, la linea ferroviaria Torino-Genova-Roma, costruita ancor prima dell’unità d’Italia. Lungo il suo percorso, tra Liguria e Basso Piemonte, sono almeno una decina le frane che incombono sui binari, secondo il rapporto di Rfi, Rete ferroviaria italiana. Ma con le ultime piogge sono aumentate anche le criticità legate all’inarrestabile dissesto. Il bollettino dei treni che deragliano o si fermano appena in tempo, tra Piemonte e Liguria, è lungo e inquietante. Il 2014 è iniziato male nel ponente ligure, ad Andora, lungo la martoriata linea che collega Milano e Genova con la Francia che in queste ore registra nuovi disagi. Indimenticabile l’immagine di quell’Intercity appeso, sulla scogliera. Pochi secondi dopo e la frana avrebbe colpito in pieno il convoglio facendolo precipitare in mare. Una tragedia sfiorata. A bordo 200 passeggeri rimasti illesi. Feriti in modo lieve i due macchinisti e il capotreno. Ma quel treno si sarebbe dovuto trovare in galleria, e non su quell’unico binario lungo il litorale, se i tempi per ultimare il raddoppio della Genova-Ventimiglia fossero stati rispettati. Invece, nonostante gli annunci, molto resta ancora sulla carta. E mentre si va in Francia ad un binario, cade, con le frane, nel solito dimenticatoio. Eppure trova tutti d’accordo. Anzi, il raddoppio viene sostenuto anche da comitati e associazioni ambientaliste, con qualche modifica di percorso, per un maggiore utilizzo delle tratte esistenti ed “evitare ulteriore consumo di suolo e offese al territorio”. Da ponente a levante, la linea costiera sembra piuttosto un percorso ad ostacoli. E le interruzioni improvvise, come le frane e gli allagamenti, non si contano in questo anno di piogge intense. A Zoagli come a Chiavari, alle 5 Terre come a Nervi e in tante altre località. Eppure, spesso sono poche righe in cronaca a parlare di interruzioni tra le due stazioni più vicine. Così, anche linee importanti spezzate in due diventano piccole tratte con piccoli disagi. Senza contare inesattezze, approssimazioni e confusione nelle informazioni. Quanto alle cosiddette linee “minori”, sembrano avere un destino segnato, denunciano i pendolari. Sono la Ventimiglia-Cuneo, la Savona-Torino via Valbormida, la “Pontremolese” tra La Spezia e Parma, e la Genova-Acqui Terme. Su quest’ultima, le cui interruzioni sono all’ordine del giorno, gravano 13 movimenti franosi, secondo il rapporto di Rfi che conta in Liguria e Basso Piemonte 44 punti a “rischio elevato di dissesto idrogeologico” e si annunciano investimenti per 23 milioni di euro entro il 2015. Sono 2.900 le criticità individuate sull’intera rete ferroviaria e 250 i milioni previsti nel “piano di interventi e vigilanza dei punti sensibili”. Inoltre, c’è un “piano straordinario per contrastare il dissesto, spiegano a Rfi, per un miliardo e 700 milioni gli investimenti a livello nazionale”. Mentre per manutenzione e sicurezza della rete ligure-piemontese, Rfi spende 200 milioni. Intanto, le criticità crescono vertiginosamente: raddoppiate in poco più di un anno. “Servono più risorse”, chiedono da tempo sindacati e pendolari. Con l’alluvione di Genova, il 10 ottobre, è deragliato a Trasta, in Valpolcevera, il Frecciabianca 9764, ma la notizia non ha avuto una grande eco, neanche sui media locali. Eppure ci sarebbe qualcosa da dire. Andare oltre quella “prima ricognizione ” delle Ferrovie che escludeva qualsiasi collegamento con i cantieri per il Terzo valico ferroviario dei Giovi. Si, perché la frana finita sui binari della storica “direttissima”, poteva essere, come denunciato con tanto di foto dai ferrovieri dei sindacati di base Cub e dai comitati di cittadini, la conseguenza del disboscamento della collina per fare spazio a uno dei cantieri della futura linea ad alta velocità-alta capacità. Committente Rfi, realizzatore il Cociv, consorzio che fa capo a Salini–Impregilo, il gruppo che regalerà il progetto definitivo della copertura del Bisagno. Il tracciato del Terzo valico è cambiato più volte e i costi sono lievitati raggiungendo cifre da capogiro: 6 miliardi e mezzo, pubblici naturalmente. Per poche decine di chilometri. Una galleria che buca l’Appennino per raccordarsi, dopo Arquata, con le linee esistenti, verso Novi, Alessandria e Torino e verso Tortona e Milano. Dopo oltre 20 anni, siamo al progetto esecutivo del primo dei sei lotti costruttivi e non funzionali. E pare che, anche qui come per la Lione –Torino, i costi siano destinati ancora a salire. Fragilità del territorio e dissesto lungo il tracciato, si intrecciano con i problemi delle linee storiche, usate dai pendolari e sottoutilizzate dalle merci. La frana di Trasta, sulla quale sono in corso l’indagine interna di Rfi e l’inchiesta della magistratura, ha riacceso le polemiche. “Chi avrà ancora il coraggio di dire che le priorità di Genova sono le grandi opere e l’inutilissimo e costosissimo Tav-Terzo Valico?- Si chiedono Antonello Brunetti e Mario Bavastro dell’AFA, amici delle ferrovie e dell’ambiente. “L’unica grande opera urgente, aggiungono, è quella di difesa del suolo: tante opere di prevenzione del dissesto, di manutenzione e miglioramento delle linee esistenti. Anche le imprese avrebbero maggiore lavoro, più qualificato e duraturo. Senza devastare ulteriormente l’ambiente”. E proprio a Libarna, dove la scarpata ferroviaria scivola sulla Scrivia (i binari sono finiti nuovamente sott’acqua sabato), è previsto uno dei cantieri per le opere viarie funzionali al Terzo valico. “Tutte le strade verso i cantieri del Terzo valico sono gravemente compromesse”, ha detto la neo presidente della Provincia e sindaco di Alessandria Rita Rossa, alle prese con quella che ha definito una “catastrofe”. “L’alta velocità non marcia assieme al rilancio delle ferrovie–sottolinea Gianni Alioti, sindacalista Fim-Cisl- ma segna il loro irreversibile declino, pagato dai pendolari che sono circa l’80 per cento dei passeggeri quotidiani, alle prese con tagli e soppressioni. Anche il sindacato deve aprire una discussione vera, aggiunge, non solo convegni con i pochi interessati all’affare. Prima che nuovo cemento e ferrovie che franano ci facciano perdere il treno”.