Cari lettori, da due settimane sto trattando dell’operazione San Michele con la quale la Dda di Torino (indagine condotta dai pm Roberto Sparagna e Antonio Smeriglio) con il supporto dei Ros dei Carabinieri ha smantellato una presunta cellula di ‘ndrangheta piemontese che operava sull’asse con San Mauro Marchesato (Crotone) e che voleva tra le altre cose, secondo le accuse e la ricostruzione, “papparsi” alcuni lavori della Tav. Mica tutti, alcuni ma sostanziosi.
Ma non basta. Perché, sempre secondo l’accusa, questa presunta cellula era in grado (o voleva) condizionare anche il libero esercizio del voto.
E non basta ancora perché, sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti che dovrà comunque passare al vaglio (uno o più) dei giudici, ci sono anche altri aspetti che, pur non essendo penalmente rilevanti (ognuno infatti si sceglie gli amici che vuole) danno comunque il senso e il segno della predominanza assoluta della ‘ndrangheta all’interno delle gerarchie mafiose.
Oggi ci spostiamo solo di qualche passo da quell’indagine per planare sulla “fissa” (la definisco tale solo per comprensione immediata ed è in vero una preoccupazione che fa onore a chi l’ha rappresentata in più consessi, a dimostrazione che nonostante Grillo e Casaleggio, ci sono tracce di vita sul pianeta pentastellato) dell’onorevole Fabiana Dadone, che fa parte della commissione parlamentare antimafia.
IN COMMISSIONE ANTIMAFIA
Il 19 giugno, nel corso dell’audizione del ministro della Giustizia Andrea Orlando, gli rivolge una domanda sul Cup, il Codice unico di procedimento, obbligatorio dal 2003 per i progetti di investimento pubblici, vitale per il controllo e la tracciabilità dei flussi finanziari.
Ebbene, dal 2010 al 2012, il Cup assegnato al cunicolo di Chiomonte relativo alla Tav era errato. «Ciò fa sì che, chiaramente, in questi due anni – dichiara Dadone – ci sia stato un buco nella tracciabilità dei flussi finanziari. Mi chiedo se ci potesse dare delle delucidazioni sulla procedura di tracciamento dei flussi, su come partono e se è un’iniziativa dell’autorità giudiziaria, perché in questo caso, se non fosse stata fatta una segnalazione, peraltro da un comitato, non ci sarebbe stata la correzione. In ogni caso, la correzione è avvenuta, ma in questi due anni c’è stato un buco non da poco, per cui un’occasione molto ghiotta – e la cronaca di questi ultimi mesi ce lo racconta – su un’opera di questo genere. Quindi, vorrei sapere se lei ne fosse a conoscenza e che cosa intende fare in questo caso, se qualcosa si può ancora fare».
Il ministro Orlando non ha dato alcuna risposta in Commissione e Dadone, cocciuta come una trivella, che fa? Insieme ad altri che si accodano, l’11 luglio presenta un’interrogazione urgente al presidente del Consiglio e ai ministri della Giustizia, dell’Interno e dell’Economia nella quale ribadisce il concetto e, già che c’è, oltre a ripercorrere le tappe delle segnalazioni a valanga sull’errore, succedutesi fin dal 21 ottobre 2011 alle Procure di Trino e a quella nazionale antimafia, oltre che al prefetto di Torino, al Comando regionale Piemonte della Guardia di finanza e al Ministero dell’Interno, ricorda che la Val di Susa ha il triste primato di avere il primo comune sciolto per mafia.
Non solo. «Al tempo della vigenza del codice unico di progetto errato, una delle società appaltatrici della Lyon-Turin Ferroviarie – mette nero su bianco l’onorevole Dadone – era la Italcoge spa, impresa che avrebbe avuto stretti rapporti con soggetti appartenenti alla ’ndrangheta piemontese, in particolar modo con certo Giovanni Iaria nato a Condofuri (Reggio Calabria) il 20 febbraio 1947, affiliato alla ’ndrangheta piemontese ed esponente del «locale di Cuorgnè», circostanza rinvenibile nell’informativa 19 dicembre 2011 del comando provinciale di Torino; la predetta società Italcoge avrebbe avuto alle proprie dipendenze anche il capo della «locale» ’ndranghetista di Cuorgnè, certo Bruno Antonio Iaria (nato a Condofuri – Reggio Calabria – il 5 luglio 1965)».
Punto e a capo? Certo ma solo per sottolineare che «sono evidenti le preoccupazioni in merito agli ormai noti mancati controlli, che, in merito al caso in oggetto, hanno permesso per circa due anni lavori e finanziamenti di un’opera pubblica affetti da gravissime irregolarità in tema di tracciabilità dei flussi finanziari e, conseguentemente, a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, senza la possibilità di accertamento su quanto avvenuto nelle transazioni precedenti la fine del 2012» e giusto in tempo per chiedere al presidente del Consiglio e ai ministri se sono a conoscenza del mancato accertamento delle problematiche connesse all’utilizzo dell’errato codice di identificazione del progetto del tunnel geognostico della Maddalena ed, in particolare, all’evidente ostacolo della tracciabilità dei flussi finanziari originati dagli appalti gestiti dalla società Lyon-Turin Ferroviarie dal 2010 sino alla data della correzione del codice unico di progetto da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri di ottobre 2012 e se sono inoltre a conoscenza del fatto che la prefettura di Torino, tra i destinatari dell’informativa sull’erroneità del codice unico di progetto, provvide a redigere un protocollo d’intesa ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata tra Prefettura di Torino, la Lyon-Turin Ferroviarie sas e le organizzazioni sindacali, ove a pagina 14 veniva dedicato il capo III alla «Tracciabilità dei flussi finanziari».
Per finire Dadone, l’11 luglio, chiedeva al Governo tutto se, oltre a prendere atto dell’errore, non ritenesse di dover procedere alle verifiche in merito alla natura, alla portata e a qualsiasi ulteriore dato che possa essere utile, in merito alle transazioni e ai flussi finanziari originati dalla Lyon-Turin Ferroviarie e riferiti al progetto del tunnel geognostico Tav di Chiomonte, per il periodo intercorso tra la delibera del Cipe 28 novembre 2010, n. 86, e la correzione del codice unico di progetto assegnato del 9 ottobre 2012.
Richieste legittime e reali.
DE BASSO DE CARO
Talmente legittime e reali che il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti,Umberto De Basso de Caro risponderà. Come?
Nel modo che segue: «… non sussiste una evidente infrazione della normativa vigente, in riferimento all’errata indicazione iniziale nella delibera Cipe n. del Cup dell’opera, dal momento che nel sistema informatico del Codice unico di progetto lo stesso è corretto fin dalla data della richiesta da parte della Lione – Torino Ferroviaria nel 20 dicembre 2005, antecedente quindi alla data della delibera. Una eventuale infrazione andrebbe verificata ed eventualmente sanzionata dai soggetti che garantiscono le funzioni di polizia giudiziaria e di ordine e sicurezza pubblica.
Proprio per facilitare le indagini di polizia giudiziaria, con riferimento alle grandi opere, il decreto-legge n. in corso di conversione in legge, prevede, su proposta dei Ministeri della giustizia e dell’Interno, all’articolo 36, l’estensione del sistema di monitoraggio delle grandi opere, voluto e promosso dal Cipe ai fini antimafia, a tutte le opere appartenenti al programma delle infrastrutture strategiche, di cui fa parte anche l’opera in questione. In tal modo si potrà passare dal sistema di tracciabilità dei flussi finanziari, previsto, appunto, dalla legge 136 del 2010, molto oneroso per gli investigatori, presupponendo lavalutazione di un gran numero di documenti cartacei, ad un sistema informatico già contenente tutti i dati necessari per i controlli».
INSODDISFATTA
Dadone soddisfatta della risposta? Giudicate voi: «Non posso dirmi affatto soddisfatta, perché ritengo leso, come minimo, il diritto del cittadino e soprattutto di quelle comunità locali che stanno lottando tanto. Ritengo leso il diritto a conoscere come vengano spesi i soldi pubblici e, soprattutto, se siano oggetto di infiltrazione da parte delle mafie…A pensare male di questo buco della durata di due anni sull’Ltf forse commetto un peccato, ma credo, perlomeno fino a questo momento, di avere parzialmente indovinato. Perché ? Perché al tempo della vigenza del Cup errato una delle società appaltatrici della Ltf era la Italcoge Spa. La Italcoge è un’impresa che, a seguito di indagini, è risultata avere rapporti con soggetti appartenenti a segmenti della ’ndrangheta radicatasi in Piemonte. Quindi, si è scoperta tutta questa serie di intrecci con la famiglia Iaria, affiliata alla ’ndrangheta in Piemonte, e non da ultimo c’è stata l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato a venti arresti pochissimi giorni fa. Si apprende chiaramente la presenza, all’interno del cantiere, di una società, la Toro srl, il cui legale rappresentante è stato arrestato, che era presente nel cantiere nel 2011 – questa società chiaramente è legata alla ’ndrangheta – guarda caso proprio il periodo tra il 2010 e il 2012, e il tutto sotto gli occhi del questore di Torino e del prefetto di Torino di allora. Il 18 ottobre 2011, l’appartenente ad una di queste ditte dice all’altro: «’Sti quattro assi» – riferiti agli autisti che dovrebbero entrare nel cantiere – «non hanno i permessi. Riesci tu a fargli avere un permessino a ’sti quattro ?» E l’altro gli risponde: «Sì, sì, lo faccio fare io attraverso la prefettura. Gli dico che dobbiamo asfaltare, che è urgente, che dobbiamo per forza passare di lì» – e qui il tono lascia tutto intendere. Il 20 ottobre 2011 – sempre lo stesso soggetto, parlando con la sorella, dice: «Ma, guarda, tutto a posto è un’altra cosa. Lo facciamo andare. O guarda, guardate un attimo voi che potete su RAI 3 della zona di Torino, che oggi hanno inquadrato i macchinari “– riferiti ai loro macchinari che erano entrati nel cantiere di Chiomonte – ”lì a Chiomonte, lì lì a La Maddalena, della Tav “– peraltro neanche con l’articolo giusto, quindi figuriamoci –” e ci siamo asfaltati». Cioè si sono nascosti per non farsi beccare dalle telecamere della Rai. E si va avanti poi ancora in discorsi sui lavori di asfaltatura effettuati nel sito di Chiomonte per conto dell’LTF dovuti alla mancata presentazione del Pos e al mancato pagamento di alcuni bollettini. Infatti, gli accertamenti hanno poi evidenziato che questa ditta non aveva registrato contratti di subappalto con alcuno degli attori dei lavori in Chiomonte.
Quindi, con tutta la buona fede che uno ci può mettere, francamente trovo difficile credere che tutta la situazione sia cristallina. Io spero che sia così, infatti invito il Governo a fare questi controlli e invito tutto il Governo a darmi questo schiaffo morale, che attendo veramente di ricevere, e a dimostrare che sto facendo veramente un grosso, grosso peccato a pensare male, perché in questo momento, francamente, penso male.
Nel decreto-legge del 2014 c’è la previsione, all’articolo 36, dell’estensione del controllo dei flussi, e in effetti ho presentato un emendamento nell’ambito di questo pacchetto anticorruzione, che sono certa a questo punto il Governo mi passerà, proprio relativo al cantiere di Chiomonte, perché, vista la situazione, Presidente, non si poteva non fare. Quindi, magari si dovrebbe dare anche questo potere a Cantone mentre gestisce la task force sull’Expo, quello di poter controllare, anche parzialmente, chiaramente non caricandolo troppo di lavoro, la parte della sezione transfrontaliera del cantiere che arriva fino a Bussoleno, che – lo ricordiamo – fino ad oggi non vede garantito il diritto italiano, quindi la normativa antimafia, fino alla sezione transfrontaliera.
Con questo ho concluso e spero di ricevere questa lezione dal Governo, perché a parere mio la Tav rischia di diventare un ricettacolo di criminalità organizzata ma spero di essere smentita e spero che invece non siano i cittadini a pagarne le conseguenze, come sempre».
Per ora mi fermo qui. Per ora. Domani torno.
7 – to be continued (per le precedenti puntate si vedano http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/07/03/tav-e-cosche-1-loperazione-san-michele-mette-un-dito-sulla-piaga-delle-cave-che-utilizzate-a-fini-criminali-diventano-miniere-doro/;