di Lele Rizzo – blog su HuffPost – Nella giornata in cui tutti fanno a gara a utilizzare termini più roboanti possibili, e dopo le dichiarazioni di ministri e segretari, rimane asciutta nella sua verità la Valle di Susa.
Un territorio che si oppone con le unghie e con i denti alla realizzazione di un’opera che nessuno vuole, dove c’è un conflitto in corso e una lotta popolare che con metodo resiste al volere di pochi con i soldi di tutti.
Non sono stupito della situazione che si è venuta a creare, né dell’attacco al cantiere né alle prese di posizione dei vari Alfano, Lupi, Cota ecc a cui manca solo la richiesta della ghigliottina per i notav.
Non sono stupito perché questa è la situazione reale che c’è in campo, ed oggi dopo la carrellata di ricostruzioni e condanne sarebbe ora di fare uno sforzo in più e mettere sul piatto il perché di questa lotta.
So che è un esercizio di stile tropo faticoso per chi non ha orecchie per sentire, e che sente solo il botto dei petardi, però sarebbe ora di fare quello e affrontare questa situazione smilitarizzando il senso di stato (che mi fa ridere pensando a chi ne parla…).
Persino il procuratore capo Caselli, che sulla repressione nei confronti dei notav ha trovato una seconda vita pubblica, ieri si è fatto sfuggire le seguenti dichiarazioni e Repubblica, tra i primi a pubblicarle e in seguito le ha prontamente modificate per paura di creare un incidente diplomatico: ” […] Bisogna intervenire, non può essere solo un problema della magistratura. Impiegare l’esercito come in Campania? Non sta a me dirlo, ma i politici devono prendere coscienza di quel che sta accadendo in Val di Susa e decidere se quest’opera si deve fare oppure no”
Infatti per una volta sono d’accordo con il procuratore e il senso è questo qui, farla oppure no? Non ci sono elementi, se non di principio, per realizzare quest’opera e il sentimento è sempre più diffuso da questo punto di vista. Mentre chiudono gli ospedali o le scuole crollano, la politica continua a ribadire l’utilità di quest’opera che in realtà non c’è e non sarà mai dimostrata.
Tutti i governi che si sono succeduti hanno fatto mettere un giro di filo spinato in più al cantiere e siamo nella situazione in cui un progetto esecutivo per un’opera del genere verrà fatto passo per passo (dichiarazioni del presidente di Ltf) e quindi cosa ci si può aspettare?
Del resto se il governo Letta è il governo dell’inciucio, sul Tav questa pratica la consociamo da anni, la lobby che vuole il treno superveloce viaggia insieme da tempo annullando le differenze di schieramento nel nome del profitto.
Il movimento popolare valsusino non lascia intentata nessuna strada, lo ha dimostrato da anni e così continuerà a fare, e il cantiere è un problema, serio e concreto in questa lotta. Sono state decine le azioni di contrasto e danneggiamento delle reti e delle strutture ed è solo una parte di questa lunga battaglia.
Non mi scandalizzo né mi preoccupo per quanto avvenuto, perché la responsabilità sta tutta nel chi si incaponisce nel continuare a trattare la Valsusa come un corridoio in cui costruire e nulla di più. Basti pensare che LTF, la ditta incaricata di progettare l’opera, si è detta fiera di essere la prima industria della Valle (se si contano i poliziotti) dimostrando con quanto rispetto trattano il popolo della Val di Susa. Gli stessi signori e signore che storcono il naso oggi sono quelli che solo l’altro ieri volevano, con le compensazioni del Tav, finanziare un’acciaieria in chiusura per riconvertirla in una fabbrica dove fondere il cesio, il materiale radio attivo tristemente noto.
Gli stessi come il min. dell’Interno Alfano che oggi invocano l’intervento della magistratura e solo sabato scorso vi manifestavano contro.
L’altra notte a Chiomonte è rimasto ‘ferito’ solo un compressore ( e appendo che la procura apre un fascicolo per tentato omicidio), ma da due giorni si parla di terrorismo e attentati, ma la domanda irrisolta rimane sempre una: va fatta o non va fatta quest’opera?
Lele Rizzo