Pubblichiamo in seguito la lettera di Dana letta ieri durante la marcia popolare No Tav.
“8 dicembre 2021, sono passati 16 anni da quando ci siamo ripresi Venaus. Pochi giorni prima di quella grande impresa popolare, mi trovavo al presidio quando arrivarono in forze. Ricordo la mia poca esperienza e quel mare di caschi luccicanti che avevano inondato i prati e si avvicinavano. Era buio. La ruspa tirava giù la barricata, ce la tirava addosso e in pochi minuti erano davanti a noi. Io non sapevo come muovermi, i compagni più grandi mi stavano vicini e ricordo che si presero un sacco di botte per non farmi tirare dentro da quella muraglia di scudi. La prima manganellata e poi la seconda, le prima della mia vita. Tutti sospinti in un prato e un assessore che nonostante la richiesta della Digos non si allontanava, mi stringeva il braccio, non voleva lasciare soli i “suoi ragazzi”. Nei giorni precedenti avevamo discusso, c’era chi aveva ancora fiducia nello stato, perché non aveva ancora visto o riconosciuto il suo volto feroce. Fino a quel giorno, poi tutto cambiò.
Nei giorni precedenti la notte era sempre stata un momento speciale. La neve, il freddo intenso, il vin brulè, ed una voce che ogni tanto si alzava, netta sopra di noi, e gridava “a sara dura”. Ci alternavamo con i turni, per scaldarci dentro al presidio che allora sembrava il luogo più magico del mondo. A me sembrava di vivere un sogno.
Il 6 dicembre 2005 fummo spinti via, violati ma non sopraffatti. Le campane del paese suonarono incessantemente, le persone si alzarono dal letto per venire a dare manforte, per aiutare chi era più provato, per denunciare che si era superato il segno. C’eravamo tutti. E poi venne l’8 dicembre inaspettato, oceanico, meraviglioso. Andò come doveva andare, decidemmo di mettere i nostri corpi ancora in gioco. Ci riprendemmo Venaus. Fu chiaro a tutti che si poteva vincere.
Ripenso a quel giorno come uno dei quei grandi momenti che cambiano la storia. Una popolazione giurò che non avrebbe mai arretrato. Un patto con la natura, le montagne, il cielo e i nostri cuori. A sarà dura, ma per loro si diceva. Io ero felice e anche la mia storia cambiò.
Sono due anni che non posso partecipare all’8 dicembre, l’anno scorso ero in carcere, ora agli arresti domiciliari. Per me è una data importante che aspetto sempre con entusiasmo, più di Natale e Capodanno. E’ l’8 dicembre, la nostra giornata. Il giorno in cui rinnoviamo la promessa, in cui il popolo No Tav si riunisce.
Siamo ancora qui. Anche noi detenuti. Anche Emilio che ora è troppo lontano.
Siamo sempre qui, con il cuore che batte forte come quell’8 dicembre di 16 anni fa.
Siamo sempre qua, perché abbiamo fatto una promessa alla nostra terra.
Buon 8 dicembre a tutti voi, ci vediamo il prossimo anno.
Avanti No Tav!
Dana