ROMA – «Entro il 30 giugno il cantiere sarà aperto perché altrimenti si perdono i fondi europei e sarebbe un delitto per le giovani generazioni». Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha preso una posizione netta ieri sulla Tav Torino-Lione.
Nonostante le «polemiche infinite», Maroni ha ribadito che «il governo ha deciso che l’alta velocità si farà e – ha aggiunto il titolare del Viminale – vi assicuro che il cantiere entro il 30 giugno sarà aperto». Maroni garantisce quindi che le contestazioni dei no-Tav non fermeranno le ruspe per i lavori della Maddalena.
La dichiarazione di Maroni arriva dopo l’invio da parte del vicepresidente Ue Siim Kallas al ministro delle Infrastrutture italiano Altero Matteoli della lettera anticipata ieri dal Sole 24 Ore.
In quella comunicazione era contenuto il pesante ultimatum consegnato dalla commissione Ue al governo italiano: se entro il 30 giugno non saranno partiti i lavori alla Maddalena, non sarà stato approvato il progetto preliminare e non sarà stato rinegoziato l’accordo fra Italia e Francia, «vi è un rischio evidente che una parte sostanziale del finanziamento globale Ue di 672 milioni di euro andrà persa».
Tre condizioni di cui l’apertura del cantiere della Maddalena è non solo la prima in ordine temporale, ma anche quella che blocca le altre due, visto che anche la controparte francese ha subordinato la possibilità di un nuovo accordo a questo primo passaggio.
La lettera del vicepresidente della commissione con la delega ai trasporti aveva toni di una durezza mai usata da Bruxelles in dieci anni di tira e molla sull’opera. Stavolta la commissione fa sul serio. Kallas ricordava che «i progressi che saranno effettuati in questo senso saranno cruciali per la possibilità di inserire la Torino-Lione nella futura proposta della commissione del “core network”». In altri termini, l’opera rischia non solo di perdere i finanziamenti già concessi, ma anche di essere cancellata definitivamente da tutti i programmi infrastrutturali di Bruxelles.
«La commissione – continuava la lettera di Kallas – mantiene il suo impegno a realizzare questo grande progetto di infrastruttura, ma è giunto il momento per i due beneficiari di impegnarsi a iniziare quanto concordato e da tanto atteso».
Veniva poi ricordato nella lettera che «nel febbraio del 2011 a Budapest i due governi beneficiari hanno riconfermato il loro impegno a soddisfare queste condizioni entro la fine del mese di giugno» e che la commissione «ha dimostrato ancora una volta la sua flessibilità con l’accettazione di questo nuovo termine».
Nessuna replica, ieri, almeno in pubblico, da parte di Matteoli che però aveva ribadito ancora nei giorni scorsi la sua posizione: è necessario andare avanti comunque in val di Susa.
La dichiarazione di Maroni rafforza ora questa posizione ufficiale del Governo italiano soprattutto perché non è escluso che l’uso della forza pubblica si renda necessario di fronte all’opposizione sul territorio dei no-Tav.
Solo se i lavori partiranno, si farà la corsa contro il tempo per centrare le altre due condizioni poste dalla commissione Ue. Comincerà, cioè, il rush finale della trattativa tra Italia e Francia in commissione intergovernativa per tentare di fare l’accordo prima del 6 luglio, data in cui è convocata la prossima riunione.
L’intesa riguarda il riequilibrio del finanziamento della tratta internazionale che oggi pesa per il 63% sull’Italia e per il 37% sulla Francia. La commissione intergovernativa dovrebbe anche approvare il progetto a costi ridotti rispetto agli attuali 10-11 miliardi e la «fasizzazione» degli interventi, cioè la suddivisione delle opere in due fasi.
In particolare si rinuncerebbe, nella prima fase, a realizzare la nuova linea fra Torino e Susa, mantenendo in funzione invece la linea storica. Si rinuncerebbe anche al tunnel dell’Orsiera, in modo da ottenere così il forte abbattimento dei costi richiesto anche dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.