Da lessoulevementsdelaterre.org
Pubblichiamo di seguito la traduzione della parte dedicata alla due giorni in Valsusa della “traversata delle lotte per l’acqua” partita dalla Francia e diretta al Woods Climate Camp di Vicenza.
Dopo la serata con il collettivo No JO invernali e una notte di campeggio sulle rive del lago sei Serre-Poncon, la delegazione delle lotte per l’acqua composta da una sessantina di persone è partita mercoledì mattina in direzione della frontiera franco – italiana.
In una stretta fila per prevenire collettivamente i controlli, il convoglio è arrivato a mezzogiorno alla frontiera del Monginevro. Nello stesso tempo, dall’altro lato della frontiera nazionale, un centinaio di compagni del Movimento No Tav e della rete Ecologia Politica erano in cammino per venirci incontro. Presi in mezzo, la polizia di frontiera e le decine di gendarmi presenti si sono ritirati e le lotte amiche hanno potuto incontrarsi e fermarsi per mangiare pranzo in frontiera, di fronte ad un bacino idrico ed a un campo da golf.
Il Movimento No Tav e quello contro i mega bacini così come i diversi collettivi impegnati nel sostegno ai migranti hanno approfittato di questo luogo per denunciare la violenza nei trattamenti riservati alle persone che fuggono dalle devastazioni delle industrie capitaliste, compreso l’accaparramento dell’acqua, per l’economia del turismo. Durante gli interventi, il collettivo Tous Migrants, ha parlato del legame che c’è tra l’accaparramento dell’acqua e il controllo poiliziesco attuato sulle persone nel biranzonese. “Mentre le persone espulse devono nascondersi, a volte rischiando la loro vita per fare valere i loro diritti, i turisti hanno un accesso privilegiato all’utilizzo e allo sfruttamento del nostro territorio. Questo è il risultato diretto di scelte politiche che si sottomettono alle sole logiche economiche, favorendo l’accaparramento delle risorse (acqua, terra etc.) e rendole inaccessibili alla maggior parte delle persone”. Le lotte per la difesa dei beni comuni non hanno frontiera.
Sotto lo sguardo dei poliziotti e dei gendarmi visibilmente delusi di non essere riusciti a fermarci, il convoglio ha attraversato la frontiera per raggiungere il Presidio di Venaus, luogo storico del Movimento No Tav dove si svolge il campeggio di Ecologia Politica – rete di collettivi di diverse città italiane che riunisce in se’ movimenti mondiali per la giustizia climatica e esperienze di lotte territoriali.
In seguito al racconto della storia di questo presidio, si è partiti verso un altro presidio, quello di San Didero, dove decine di mezzi dei carabinieri ci stavano aspettando all’interno del cantiere-fortino. Da diversi anni, numerose azioni sono portate avanti regolarmente per fermare l’avanzamento dei lavori. Ma, piuttosto di rispettare la grande opposizione dei e delle abitanti della valle, lo Stato ha deciso di militarizzare e fortificare i cantieri del Tav.
Dopo aver condiviso la cena, tutti i presenti sono partiti nella notte attraverso i campi di mais per una passeggiata, ritmata dai canti No Tav, intorno al cantiere.
La folla, circa 200 persone, ha approfittato di questo momento per mantenere viva la pressione e strappare diversi metri di filo spinato nella cornice di un clima gioioso e determinato.
Il ritorno al presidio di Venaus verso mezzanotte è stato accompagnato dalla musica e dalla gioia di questa azione comune, un modo anche per ricambiare la reciprocità alla partecipazione dei nostri amici No TAV alle mobilitazioni dei alle Soulèvements de la Terre.
Malgrado la pioggia torrenziale che ha reso il momento ancora più eccezionale, la festa si è prolungata fino a notte fonda.
Giovedì 5 settembre, i compagni di Ecologia Politica hanno organizzato una visita ad un terzo presidio – Presidio dei Mulini -. Questo presidio, un antico borgo di mulini ad acqua in pietra, è stato donato da un abitante della valle al Movimento No TAV nel 2020, affinché potesse essere utilizzato come luogo di monitoraggio e per tenere alta la pressione sul cantiere del tunnel geognostico della TAV (LGV) nel comune di Chiomonte.
Ma da novembre 2023, la polizia italiana ha messo sotto sequestro il piccolo borgo sotto il pretesto che questo serviva come luogo di ritrovo prima delle azioni intorno al cantiere.
Durante la visita, la delegazione accompagnata dai e dalle rappresentanti del Movimento No Tav, è riuscita a riprendersi i Mulini strappando le reti arancioni che delimitavano la zona messa sotto sequestro.
Questa ripresa dei mulini è anche la ripresa di un patrimonio che testimonia la centralità dell’acqua nella vita e nella cultura della Val di Susa. Questo simbolo è ancora più forte dal momento in cui il cantiere Tav minaccia in maniera sempre più palpabile le acque delle valli interessate dai cantieri.
Dall’alto lato della frontiera, nella valle della Maurienne, Mediapart ha appena pubblicato un rapporto confidenziale dell’EDF che rivela l’impatto disastroso dei cantieri della linea LGV sulle sorgenti d’acqua presenti nelle montagne. Questo rapporto sostiene l’argomentazione No Tav, secondo la quale le gallerie stanno svuotando e prosciugando in modo irreversibile le montagne.
Soprattutto, la situazione non può che peggiorare, visto che i lavori per le gallerie più grandi e profonde non sono ancora iniziati.
Anche in Val di Susa l’inquinamento da Pfas è ben al di sopra delle soglie di legge. Negli ultimi anni l’acqua è diventata uno dei temi principali della campagna No Tav.
La sera, al presidio di Venaus, abbiamo tenuto una discussione bilingue sulle prospettive comuni all’interno delle nostre lotte, per comprendere meglio i contesti politici di entrambi i lati delle Alpi e le strategie delle rispettive resistenze. La serata si è conclusa con dei ringraziamenti reciproci per la ricchezza dell’incontro e la promessa di continuare a aumentare la solidarietà tra i nostri movimenti.
Nel momento in cui stiamo scrivendo queste righe, la delegazione è in cammino verso la laguna di Venezia e il Climate Camp.