«Renzi ha definito un accozzaglia il fronte del NO e nei talkshow la battaglia referendaria viene rappresentata solo come una passerella politica. In questi mesi siamo stati nei mercati, nelle scuole, nelle agenzie di riscossione e abbiamo visto che dietro il NO c’è tanto altro” – dichiara Lorenzo, 27 anni, di C’è chi dice NO – ci sono i giovani che scappano dall’Italia, c’è il Sud martoriato dalla crisi, ci sono i territori vittime delle grandi opere, lavoratori e disoccupati con l’acqua alla gola».
Il 27 novembre oltre 100 realtà da tutta Italia si ritroveranno in piazza a Roma, i piccoli grandi NO che animano questo paese daranno vita a un grande corteo popolare per dire NO alla riforma costituzionale. Sono le stesse che, negli anni, si sono autorganizzate contro la distruzione dei territori e compongono una mappa della miriade di conflitti, spesso a bassa intensità, che resistono ma faticano a connettersi (come dimostra la difficoltà di convergere con iniziative non certo abissalmente distanti come quelle del coordinamento per il No sociale), a recuperare efficacia, a bucare il velo di Maya del mainstream.
A tenere le fila c’è il movimento No Tav piemontese, il più longevo e capace di mettere radici, ci sono i No Triv, gli ZeroWaste, veneziani contro le Grandi Navi, siciliani No Muos, vicentini No Dal Molin, i lavoratori della logistica, gli universitari da molti atenei, gli ex licenziati di Pomigliano, parecchi comitati per il No, centri sociali del Nord Est, delle reti meridionali e movimenti per il diritto all’abitare, fino alle vittime del decreto Salva Banche, in rappresentanza di quei 130mila risparmiatori che si sono visti azzerare i loro crediti dall’ennesimo regalo del governo Renzi al più forte dei poteri forti. Sarà, insomma, un. L’appuntamento è alle 14 a piazza della Repubblica e la manifestazione si concluderà alle 18 a Piazza de popolo con un concerto presentato da Michele Riondino (il giovane Montalbano) in cui si esibiranno tanti artisti per il NO: 99 POSSE, THE BLUEBEATERS, PIERPAOLO CAPOVILLA (TEATRO DEGLI ORRORI), ASSALTI FRONTALI
«È una sfida da Davide contro Golia, da una parte c’è una macchina organizzativa efficientissima e piena di risorse, dall’altra quella parte del paese che sta imparando ad alzare la testa e che non trova spazio in TV e nei sondaggi” – dichiara Stefano, 23 anni, di Avellino – il cambiamento non comincia certo con riforme costituzionali pasticciate e accentratrici ma dalla condizioni reali delle persone e dei territori, per questo pensiamo sia fondamentale scendere in piazza. In tempi di democrazia televisiva e telematica non andrà di moda ma noi facciamo la scelta della partecipazione, è il solo modo per non ridurre il referendum a un derby in cui si fa il tifo».
«Quello dice che basta un Sì, noi diciamo che un No non basta ma voteremo No». “Quello” è Renzi e, tra chi non si fa bastare un No, c’è senza dubbio la gente della Valle, i No Tav. Lì dove «l’attacco alla Costituzione è cominciato da tempo», dice Nicoletta Dosio che promette ancora di «evadere con gioia» (è ai domiciliari da un paio di mesi) per scendere a Roma il 27 novembre e sfilare in corteo tra le comunità, i centri sociali, i collettivi, le associazioni, le organizzazioni e i movimenti che proprio dal campeggio della Valle di Susa hanno lanciato l’appello per una grande manifestazione a Roma, a ridosso della scadenza referendaria, perché va pronunciato forte quel No affinché sia il preludio di una ripresa di conflitto sociale. Spiegava quell’appello che «una classe politica che ha passato gli ultimi trent’anni a dimostrare la propria assoluta continuità con la mafia e gli affaristi proponga di accentrare ancora di più il potere nelle mani dell’esecutivo è semplicemente grottesco. Ma il Partito Democratico, dopo anni in cui ha ridotto i diritti sociali e impoverito milioni di persone, ha ancora tante “riforme” da proporci, tante grandi opere da costruire, tanti diritti da abolire e va di fretta. Velocizzando i processi legislativi e accentrando i poteri, la riforma costituzionale firmata dal ministro Boschi si propone di mettere olio negli ingranaggi che ci impoveriscono, di farci ingranare la quinta per accelerare verso per il baratro in cui ci stanno facendo precipitare».
«Sarà una manifestazione rivolta a tutte le persone che sono contrarie alla distruzione dei diritti garantiti dalla costituzione, e che riconoscono l’importanza delle conquiste della Resistenza al nazi-fascismo», spiegano i promotori avvertendo che la riforma costituzionale non è altro che un modo per aprire la porte ad ulteriori riforme di austerità e privatizzazione.
Anche il Coordinamento per il No Sociale, che ha promosso il No Renzi Day del 22 ottobre, in combinazione con lo sciopero di Usb e altri del 21 ottobre, ha in programma iniziative per questo scorcio di campagna referendaria: venerdi 25 novembre, in molte situazioni, sono previste iniziative decentrate, il 2 dicembre, a Roma, si manifesterà presso l’ambasciata della Germania e la sera del 4 Dicembre si è deciso di presidiare Campo de Fiori per attendere i risultati referendari.
Anche il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari si è espresso sulle conseguenze della Riforma Costituzionale sul Diritto allo Studio.In particolare, ha espresso all’unanimità preoccupazione per le modifiche all’assetto delle competenze di Stato e Regioni, apportate dalla Riforma Costituzionale, in materia di Diritto allo studio. La Riforma renderà ancora più incerto il compito di ciascuno dei soggetti responsabili di garantire il Diritto allo Studio visto che abroga la disposizione che attribuiva a Stato e Regioni una competenza concorrente in materia di istruzione, con la conseguenza che quest’ultima viene formalmente rimessa nelle mani dello Stato, ma si lascia in capo alle Regioni un incerto compito di “promozione del diritto allo studio, anche universitario”. La formula incerta prevista dalla Riforma Costituzionale, prestandosi a numerose interpretazioni sulle competenze di questi soggetti, produce il rischio concreto di aumentare il livello di incertezza del sistema, anziché ridimensionarlo. Quindi, questo nuovo assetto di competenze indefinito può danneggiare gravemente la condizione degli studenti e delle studentesse, perché compromette la possibilità di ricevere la garanzia del proprio diritto di accesso agli studi in modo certo”.