Una collettività assediata e resistente: una montagna di volti, al cui vertice c’è una piccola bandiera NO TAV; donne, uomini, bambini, animali, piante; giovani e anziani; contro i fumi dei lacrimogeni qualcuno ha la maschera antigas, qualcuno il passamontagna, altri un fazzoletto, i più la faccia di sempre.Al centro una piccola baita di pietra, la finestra illuminata sulla notte; un fuoco acceso sotto il paiolo della polenta; intorno, casette sugli alberi, luoghi di vedetta e rifugio, e palizzate di legno: un mondo fraterno e coraggioso contro il quale si avventano le ruspe, spalleggiate da una muraglia di caschi blu, sotto la luce spettrale dei fari; alle spalle un viadotto autostradale zeppo di blindati. A guidare le operazioni c’è la morte che porta il cappello a cilindro col segno dell’euro.
Tutto sembra sospeso, in attesa dall’attacco finale; dall’espressione dei volti è chiaro che quei resistenti non si arrenderanno agli automi del capitale. La loro forza non sta nelle armi, ma nella loro stessa esistenza, nella lotta tenace per difendere il presente e rendere possibile il futuro, secondo l’unica regola che la collettività si è data , riportata su un lungo pavese che l’abbraccia e protegge: “Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.
Un pavese o una barricata o piuttosto una strada splendente che viene da lontano, scavalca l’arroganza delle truppe d’assedio, prosegue oltre la notte, e ci dice che quelle donne, quegli uomini, quegli animali, quelle piante resistenti di Clarea non sono soli, perché hanno con sé le resistenze di tutti i tempi e di tutti i luoghi, le lotte degli oppressi contro gli oppressori, la rabbia e i sogni dei ribelli, l’anelito alla realizzazione del mondo di liberi e uguali.
Sopra la notte artificiale, oltre i lampi inquietanti di fari e abbaglianti, cammina una notte fiorita di stelle, percorsa da nubi luminose portate dal vento, dominata dall’immensa falce della luna che ha lo stesso splendore dei volti, dei fuochi, degli sguardi resistenti: è il cielo delle notti insonni alla libera Repubblica della Maddalena, quello delle veglie alla baita Clarea, ferito ma non domato dall’inquinamento luminoso del fortino e del “cantiere che non c’è”.
Marco Bailone in quest’opera poetica e commovente ha saputo cogliere la lettera e lo spirito della lotta NOTAV, fraterna e ribelle come quella della comunità dolciniana e montanara della Valsesia a cui il quadro si ispira. Contro di loro, nel 1300 fu bandita l’ultima Crociata. Si difesero con coraggio , fino all’ultimo. Furono presi per fame, sul monte che da allora si chiama Ribello, il monte dei ribelli: per giorni e giorni sul Rubello arsero i roghi, a distruggere i corpi degli eretici resistenti, ma non la loro storia e la loro unica regola, la Regola della Credenza, ripresa da poi da Marx nella Critica del programma di Gotha (…”in questa fase verrà superata la distinzione storica tra lavoro fisico e lavoro intellettuale e la concezione borghese del diritto. Allora finalmente la società potrà scrivere sulle sue bandiere “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”).
L’opera di Marco è visibile alla Credenza di Bussoleno.