Ci troviamo nel cuore di un’altra estate di lotta e proviamo a fare qualche riflessione su quanto abbiamo fatto finora e quanto dovremo ancora fare. Perché lo sappiamo, di fronte a noi ci sono tempi duri dove dovremo metterci tutto l’entusiasmo e l’impegno che abbiamo per fermare il Tav.
Dovremo metterci intelligenza, organizzazione, pazienza e costanza perché di fronte a noi abbiamo sempre di più un apparato compatto che cerca ogni nostro fianco scoperto per tentare di assestare colpi, convinto di indebolirci con qualche metro di scavo o qualche recinto in più.
Sono convinti dall’altra parte di essere compatti, granitici, ma conosciamo bene quante crepe esistano in chi si dichiara imbattibile, in chi si convince di esserlo.
In tutti questi anni abbiamo imparato che nulla è così scontato come sembra, e ne abbiamo fatto tesoro proprio per oggi, dove i tempi sono decisamente cambiati da quando il Tav era solo una minaccia, ed era più semplice ottenere risultati concreti.
Tutto è cambiato dalla Libera Repubblica della Maddalena, dove dopo lo sgombero – in cui abbiamo scricchiolato, ma tenuto bene! – il cantiere ha preso la forma del fortino, di quella caserma a cielo aperto che ancora oggi, nonostante svolga la sua funzione, tale rimane.
Il 3 luglio abbiamo dimostrato come non ci sia stata nessuna resa da parte del movimento, e abbiamo lasciato un segno indelebile nel nostro percorso e nella percezione del nemico sul campo, ovvero l’apparato militare di difesa del Tav, e che da qui in poi sarà dura per tutti.
Man mano la fortificazione del cantiere è proseguita e ha raggiunto il suo obbiettivo, quello di erodere più spazio fisico possibile al movimento, mangiandoci parte del territorio, tentando di metterci nella situazione più difficile possibile per essere incisivi.
Chiomonte e la sua idea di difesa nasce negli anni dopo la liberazione di Venaus, dove dopo piani ben stabiliti di carattere militare, hanno trovato la quadra tecnica per posizionare il cantiere in un “buco” nella Val Clarea, ovvero un territorio che se non è così facile da fortificare e difendere, è però lontano dai centri abitati, con un’autostrada a completa disposizione e con un sindaco più che compiacente.
La lobby del Tav ha fatto esperienza sul piano tecnico dopo la batosta del 2005 e l’ha messa a frutto costruendo uno scenario completamente nuovo.
Si badi bene però, per piano tecnico non intendiamo il tracciato o gli accordi internazionali delle linee Tav in Europa; questo piano, in questo momento è sicuramente il più debole perché la crisi economica sta portando i Paesi che un tempo componevano (in via teorica) il corridoio 5 si sono defilati. Anche nel nostro paese, tolta la propaganda, è sempre più diffusa la consapevolezza dell’inutilità economica del Tav, e sta passando l’idea di come un progetto vecchio di vent’anni, che porterebbe benefici tutti da capire tra altri venti, sia l’ennesimo investimento a perdere della politica, che ha portato sull’orlo del baratro il nostro paese.
Passata la sbornia elettorale che per un momento circoscritto ci ha portato molta forza e un aumento di consenso ora ci ritroviamo nella situazione di sempre, e nonostante alcuni tentativi profusi dal Movimento 5 stelle, e in particolare dai senatori e dai parlamentari valsusini e piemontesi, ci accorgiamo come il parlamento sia un luogo sempre più svuotato di legittimità. Anche per loro vale la lezione che il movimento Notav ha impartito a tutti, ovvero che la lotta è lo strumento unico per scardinare le forme di potere tradizionali, intendendo anche il parlamento come un luogo dove sperimentare forme alternative di opposizione, altrimenti ogni sforzo sarà vano. Sarà necessario uscire dallo schema classico anche della protesta parlamentare per portare risultati concreti alla lotta notav.
Detto questo però la lobby del Tav ha indossato l’elmetto da tempo, e vedendo davanti a sé un movimento robusto e dotato a durare nel tempo ha arruolato nelle sue file tutti i tentacoli della piovra del potere: mass media, commentatori da salotto, lobbies di ogni genere e non ultima la magistratura. Questo sì, che compone un fronte compatto completamente schierato contro il movimento notav e la Val Susa, che costruisce emergenze su emergenze, ripete continuamente false ragioni a favore dell’opera ed erge a Verità quello che un ministro o un semplice parlamentare afferma di volta in volta.
Con questo schieramento, possiamo tutti ben capire che lo schema Davide contro Golia si ripropone con forza, e che nonostante tutto non siamo dotati degli strumenti che possiedono i nostri nemici, e quindi contrastarli non è cosa facile, ma l’impegno ce lo stiamo mettendo.
“La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, ed oggi la crociata della magistratura altro non è che, una sua continuazione con altri mezzi”. (libera interpretazione di Carl von Clausewitz)
In questo momento storico la strategia contro il movimento è chiara e porta la magistratura ad avere un ruolo chiave nel contrasto alle nostre ragioni. L’organo che si dovrebbe porre come indipendente dalla politica è quello che invece sta incarnando con più astio una crociata contro di noi, utilizzando, e su sollecitazione delle forze di polizia impegnate nella difesa del cantiere, una guerra senza quartiere, atta con l’ausilio di un sacco di servi sciocchi nelle redazioni dei quotidiani, a trasformare il notav in nemico pubblico
Nemico pubblico da reprimere perché pericoloso. Così se dai giornali si sprecano i paragoni con la mafia, con la lotta armata e via discorrendo, la magistratura persegue i notav al pari dei grandi incubi del procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli.
Poco importano l’entità degli atti in corso e giudicati: i capi d’imputazione diventano la risposta alla costruzione dell’immaginario creato ad arte dai giornali. Poco importa se vengono arrestati dei giovani che hanno occupato la sede di una ditta coinvolta nei lavori del Tav, e poco importa se buona parte dei provvedimenti cautelari richiesti dal pool con l’elmetto guidato da Rinaudo e Padalino, decadono quando incontrano il giudice non amico. La notizia e il reato sono già belli che confezionati.
Rispetto agli ultimi arresti relativi alla passeggiata notturna del 19 luglio, quando le forze dell’ordine hanno infierito sui fermati, pestandoli, arrivando addirittura a molestare una compagna pisana, l’informazione ha dato voce al solito cretino Esposito, per fargli dire e far diventare notizia utile, l’invenzione delle molestie, e far passare il concetto che qualche mazzata al momento dell’arresto ci sta.
Addirittura è passata in sordina la presenza dei due mastini della procura all’interno del cantiere, dove sono avvenute le violenze nei confronti dei fermati, come ordinaria amministrazione nel migliore dei casi, o anche dipingendo i due come dei veri eroi del lavoro, che scendono in campo per capire bene la situazione.
Nulla di più falso. La presenza dei due all’interno del cantiere stava e sta a dimostrare il grado d’impunità di cui godono e godranno le forze dell’ordine da qui in poi, le quali si possono permettere di fare quello che vogliono, perché coperti dai fidi magistrati e soprattutto perché di fronte, hanno il nemico pubblico da sconfiggere.
Ma come tutte le cose, anche questa strategia presenta dei punti deboli che sta a noi colpire per indebolire ulteriormente i nostri nemici.
La magistratura (e di pari passo le forze dell’ordine) sono gli ultimi attori in campo contro il movimento notav. La politica ha già fallito da tempo, nonostante i proclami; i partiti si sono sputtanati a forza di dire che l’Europa lo vuole, e ormai chi parla a favore del Tav lo fa sapendo di mentire, e lo fa per accreditarsi alla lobby di turno.
Trasformare la nostra lotta in un mero problema di ordine pubblico fa sì che i commentatori si tolgano dall’imbarazzo di dover ribattere alle serie argomentazioni che portiamo da tempo e si possano unire al coro contro il nemico pubblico.
Allo stesso tempo, visto che in questa lotta popolare ognuno è indispensabile, togliere di mezzo più persone possibili, con arresti, denunce e fogli di via, gioca a favore dell’apparato di sicurezza.
“O noi risorgeremo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente”
(Ogni maledetta domenica)
Detto questo, obiettiamo subito al “democratico di sinistra” di turno, che leggendo queste righe ci dirà che è sbagliato quindi andare a danneggiare il cantiere perché offriamo troppi argomenti all’avversario, che non è il momento, o ancora che questo è il momento delle ragioni, che se avessimo avuto un euro per tutte le volte che ce lo siamo sentito dire adesso il movimento notav navigherebbe nell’oro! Quello che alcuni si ostinano a non capire, nonostante siano stati protagonisti della “morte” di altri movimenti nel passato, è che il movimento notav è forte proprio perché capace di lavorare collettivamente sulle strade del conflitto e del consenso senza dover abbandonare una strada a favore dell’altra.
Fermare il Tav non è qualcosa di mediabile, non esiste un punto di caduta, esiste una vittoria, ed esiste una sconfitta, null’altro.
I campi di battaglia di questa lunga nostra storia, destinata a durare ancora molto, sono ovunque e sono tutti, e non possiamo pensare di sottrarci da alcuno o di metterci meno impegno.
Inoltre, la lotta notav è per tutti, proprio perché lotta di popolo, fatta dal popolo, e fa, se lo si vuole, trovare a ciascuno il proprio protagonismo nel campo di battaglia più adatto a sè, incontrandoci altre persone.
Significa fare le manifestazioni, fare i convegni, i volantinaggi, appendere una bandiera al balcone, regalarne una ad un amico cittadino. Significa anche andare al cantiere a vigilare, a dare fastidio, o supportare le scelte del movimento nel momento in cui decide di danneggiarlo, dimostrare determinazione (come abbiamo fatto nella battaglia per il Ponte del Clarea venerdì scorso), e compiere atti di sabotaggio diretti a inceppare gli ingranaggi della macchina sitav. E’ una lotta, questa, la nostra, a 360 gradi, che non può permettersi di non ingaggiare il conflitto e sedersi al tavolo della mediazione, pena la sconfitta.
“Si attacca con la forza frontale, ma si vince con quelle laterali”. (Sun Tzu)
L’estate è in corso e per ora non è semplice prevedere le prossime tappe del cronoprogramma dei nostri nemici ma è chiaro che l’autunno porterà la talpa al cantiere. Lo scavo fin qui fatto a scopo propagandistico dovrà necessariamente diventare qualcosa di più concreto da usare contro di noi e in favore di quell’Europa dalla quale dipendono i finanziamenti veri.
Per noi dovrà essere un momento importante da affrontare, non lasciando nulla di intentato. Non ci potremo permettere di non dare la giusta battaglia alla lobby del Tav, sapendo che non sarà mai l’ultima e che il risultato dipenderà da quanto sapremo sempre essere uniti come un pugno, come quello che ci ha portato fin qui, quello spirito resistente capace di fare cose che nessuno pensava fossero possibili prima.
Come farlo sarà sempre materia di discussione e di crescita, ma di sicuro sapremo essere incisivi senza cadere nelle trappola o nelle sirene delle scontro ad ogni costo. Abbiamo imparato molto nel nostro cammino sapendo dotarci dei metodi di lotta adatti nei momenti giusti. Oggi il movimento ha chiaramente detto, ponendo i suoi paletti, che il cantiere va attaccato, e il nemico e l’apparato di sicurezza vanno sfiancati dal tempo e dagli eventi che sapremo creare. Ciò non significa scivolare in logiche militari che non ci porterebbero lontano, ma ci serve e ci servirà essere incisivi, scegliendo il campo di battaglia giusto e capire quali sono i fianchi scoperti della lobby del Tav per colpire duro e per assestare i colpi migliori, che questi siano al perimetro del cantiere o in qualsiasi altro ambito del Tav.
La nostra capacità infine dovrà essere quella di continuare a dare battaglia in ogni campo propostoci, che questo sia un tribunale amministrativo o il web, che sia la Clarea o Susa, che sia il Parlamento o la pubblica piazza.
Ancora una volta, fermarlo tocca a noi, e ci dobbiamo attrezzare sempre meglio per farlo. Sostenere la Resistenza è il compito che ci attende in futuro!
Estate 2013