Ieri il presidente della repubblica francese Emmanuel Macron è andato su Rai 1, alla trasmissione “Che tempo che fa?”, a parlare, tra l’altro, di TAV. Macron ha citato “tanti studi fatti” che confermerebbero l’utilità del progetto, senza essere ripreso dal conduttore Fabio Fazio che avrebbe almeno dovuto chiedergli di quali studi parlasse. Vista la svagatezza di Fazio, proviamo a fare noi un po di chiarezza su come stanno le cose.
Quello che pochi sanno è che nel 2012 la Corte dei conti francese ha sancito “la scarsa redditività economica del progetto e il finanziamento incerto” del TAV (il rapporto è consultabile a questo link). Un giudizio ribadito anche poche settimane fa.
Come si spiega allora l’entusiasmo dei diversi governi francesi per la linea Torino-Lione o, come sarebbe meglio dire, per la linea Chiomonte-Saint Martin le Porte? Ce lo spiega un altro rapporto che proviene da Oltralpe, datato 2006, la “Evaluation socio-économique”, ossia l’analisi costi-benefici fatta dalla Francia prima di impegnarsi a realizzare il progetto. Nel documento si spiega senza peli sulla lingua che l’operazione tunnel di base è positiva “perché l’Italia si accolla la maggior parte delle spese d’intervento”.
In effetti come sancisce l’articolo 18 dell’accordo di Roma, tolti i finanziamenti europei, i costi sono cosi divisi: 57,9% per l’Italia e 42,1% per la Francia. Uno squilibrio già bizzarro ma che assume un carattere ancora più incredibile se si guarda dove si trova il tunnel. Dei 57km, soltanto 12 sarebbero in Italia, eppure il nostro paese pagherebbe un terzo più della Francia.
Il disequilibrio veniva spiegata dai promotori dell’opera con il maggior costo dell’adattamento della linea lato Francia. Quest’ultima si era impegnata, il 30 gennaio 2012, a costruire ulteriori gallerie per 33 chilometri sul suo territorio ed a sue spese. Un onere che veniva compensato dall’Italia accollandosi di pagare di più per un tunnel realizzato maggioritariamente su territorio francese (e la cui proprietà resterà poi degli stati rispettivi).
Sorge qui però un piccolo problema. Tra il 2012 e oggi, la Francia ha deciso che non ha nessuna intenzione di adattare la linea fino a Lione, visto che l’evoluzione del traffico non giustifica il costo (la seconda linea tra Torino e Lione era stata progettata negli anni ‘90 prevedendo un aumento del transito di 25 volte, previsione ormai completamente smentite persino dai promotori dell’opera). Il rapporto del febbraio del 2018 del Conseil d’Orientation des Infrastructures nominato dal Governo francese ha sancito la decisione, decretando che, a differenza di quanto detto nel 2012, gli accessi alla nuova linea ferroviaria Torino-Lyon non potranno essere valutati “nel migliore dei casi” (cit) prima del 2038. In quell’anno si deciderà se, eventualmente, varrà la pena completare la linea per le finanze pubbliche francesi (rapporto da consultare qui p.83 https://reporterre.net/IMG/pdf/2018.02.01_rapport_coi.pdf ).
Una giravolta clamorosa, che aveva anche suscitato preoccupazioni oltralpe. Alcuni deputati della Maurienne si aspettavano infatti che l’Italia avrebbe inevitabilmente chiesto almeno di rinegoziare i termini dell’opera, se non di abbandonarla. Ma i rappresentanti francesi possono dormire sonni tranquilli. Il sistema TAV in Italia non risponde ad alcun principio di redditività economica, di razionalità ambientale o di mero orgoglio nazionale.
Ecco spiegata dunque la foga di Macron per il Tav. In fondo, come dargli torto? In piena tradizione italica, PAGA PANTALONE!