In vista dell’assemblea popolare che si terrà il 6 aprile al Polivalente di Bussoleno abbiamo deciso di pubblicare questo documento che estende i temi trattati nell’appello verso la marcia del 16 aprile. Buona lettura!
In oltre trent’anni di lotta No Tav abbiamo visto succedere molte cose, abbiamo osservato il mondo trasformarsi, abbiamo avuto molte conferme delle ragioni della nostra lotta, e molte altre ragioni si sono aggiunte sul cammino. Oggi ci troviamo di fronte ad un punto critico della storia, in cui si incontrano la crisi ecologica e la pandemia che in un certo grado ne è un effetto, una crisi economica e sociale di proporzioni solo ipotizzabili e il timore di una guerra totale. Una combinazione in grado di sconvolgere l’umanità per come la conosciamo.
Non possiamo tacere di fronte a quanto sta succedendo, di fronte alla violenza drammatica che il modello di sviluppo in cui viviamo sta imponendo all’intero pianeta. Dalla nostra piccola valle abbiamo sempre lottato con due pensieri fissi in mente: difendere la possibilità di una vita più degna e più giusta per tutti e tutte, difendere e rispettare la terra che ci ospita, che ci dona la possibilità di questa vita, che è la nostra casa.
Dunque abbiamo scelto di resistere e oggi è il tempo di rinnovare questa voglia di resistenza di fronte alle sfide che ci impone il presente.
Lottiamo contro le devastazioni e le guerre per il nostro futuro
Mentre in Ucraina è in corso una guerra che sta provocando migliaia di morti e distruzione, per interessi che nulla hanno a che fare con il benessere delle popolazioni, in Italia ed in Europa è già partita la corsa al riarmo. Quanto sta succedendo si riassume in due semplici notizie che abbiamo visto apparire di sfuggita in questi giorni sui media, mentre il parlamento decideva se incrementare al 2% del PIL la spesa in armamenti (passando da 25 miliardi a 38 miliardi di euro), Draghi comunicava con serenità che va considerata la possibilità che nei prossimi tempi sia necessario un “razionamento” dei beni. Già ad oggi migliaia di persone del nostro paese si trovano a domandarsi di fronte all’aumento dei prezzi se pagare le bollette e l’affitto oppure mettere in tavola qualcosa. Altre migliaia non sanno se potranno continuare a lavorare e a che condizioni.
Tutto ciò avviene mentre è in corso una pandemia globale che avrebbe dovuto mettere in discussione quali sono le priorità delle nostre società, dove andrebbero spesi i soldi e a quali fini. La scuola, la sanità, i servizi, la sicurezza sul lavoro, la garanzia del reddito, una vera conversione ecologica e la tutela dell’ambiente. Su questi temi politici e (im)prenditori hanno predicato moderazione e realismo, mentre oggi che si tratta di sborsare per le spese militari sono quasi tutti plaudenti ed entusiasti.
Sappiamo chi si arricchirà con questi soldi, sappiamo chi guadagna dalle loro sporche guerre e di certo non siamo noi.
Ci troviamo di fronte ad un’economia di guerra, ma anche ad una guerra che ha dei presupposti economici: l’estrazione di risorse, il controllo dei mercati, la finanza, la globalizzazione. La vita di migliaia di persone è considerata come una merce sacrificabile per tutelare gli interessi di pochi.
I corridoi logistici, come quello che dovrebbe collegare Torino a Lione, in questo contesto vengono vendute come opere strategiche per lorsignori non solo per speculare e fare cassa, ma anche per trasportare armamenti, , dato che ogni progetto europeo in materia di trasporto finanziato dal CEF, e dunque anche la Torino-Lione, deve integrare i requisiti della mobilità militare.
.In un’economia di guerra si possono sacrificare servizi essenziali e costringere le famiglie a fare enormi sacrifici, ma non si può rimettere in discussione un’opera inutile ed ecocida come il Tav, infatti per le aziende che lavorano alla Torino – Lione è già stato previsto un adeguamento dei prezzi, mentre i comuni mortali devono cavarsela da soli.
Non possiamo accettare che una valle come la nostra, luogo di incontro tra popoli, di ospitalità e condivisione, diventi un corridoio di morte.
Lottiamo insieme alla natura per un pianeta equo e solidale
Ci viene raccontato che la guerra ha riportato le lancette della transizione ecologica al carbone. Come se crisi ecologica e guerra fossero due fatti distinti da affrontare separatamente, dando priorità naturalmente alla seconda.
Questa guerra è intimamente collegata invece alla crisi ecologica che il sistema di sviluppo in cui viviamo ha provocato. E’ una guerra che ci parla della dipendenza di questo sistema dalle energie fossili, dall’agroindustria, dall’estrattivismo.
Mentre migliaia di giovani sono scesi in piazza inascoltati e trattati con paternalismo negli scorsi anni oggi gli effetti della crisi climatica sono arrivati da noi, dopo aver già colpito duramente il sud del mondo. Si prevede che la grande siccità di questo inverno nel Nord Ovest del nostro paese provocherà una diminuzione dei raccolti del 30%, e si unirà alla crisi energetica per quanto riguarda l’aumento dei prezzi. Alluvioni ed incendi di violenza inaudita hanno accompagnato la scorsa estate e lo scorso autunno, provocando morte, danni e distruzione.
Mentre i prezzi alle colonnine crescono a fronte della speculazione finanziaria, più che per una reale scarsità, si intravede tutta la miopia dei nostri governanti che oggi per decenni hanno perseguito le politiche delle lobbies del fossile, invece di intavolare un serio progetto di transizione ecologica e di rilancio del trasporto pubblico locale.
In Valsusa da almeno 15 anni stiamo assistendo al progredire di cantieri altamente dannosi per l’ambiente che ci circonda, con conseguenze allarmanti anche per la salute dei cittadini che vivono questo territorio. La deforestazione messa in atto dai promotori dell’opera ha ormai raggiunto dei livelli che definire preoccupanti è poco: si parla di 5000 piante abbattute. Sappiamo che un solo albero può soddisfare il fabbisogno di ossigeno di 10 persone e che è in grado di assorbire dai 20 ai 50 Kg di CO2 presenti nell’aria: all’oggi in una valle piccola come la nostra a causa dei lavori scellerati legati alla costruzione del Tav, sono state emesse nell’atmosfera ben 12 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Siamo contro l’Alta Velocità e affermiamo Viva la Lentezza: per risparmiare ogni tipo di energia chiediamo che siano diminuite tutte le velocità dei nostri spostamenti, la Terra ringrazierà.
Oggi si permettono di deridere chi si è opposto ai loro sporchi gasdotti, pensando che sostituire un governo autoritario con un altro potrà salvare i loro affari nel breve termine, si spingono fino a riaprire le centrali a carbone e a sollecitare il ritorno al nucleare come panacea di tutti i mali. Ci stanno spingendo a forza nel baratro per difendere un’economia insostenibile e mortifera.
Lottiamo di generazione in generazione
Mentre avviene tutto questo una delle maggiori priorità dei governi che si sono susseguiti negli ultimi anni è la militarizzazione della nostra valle. Vengono utilizzati da ormai più di un decennio i soldi dei contribuenti per mantenere in piedi dei fortini vuoti ed installarne di nuovi. Dire che i lavori procedono a rilento sarebbe un eufemismo, la verità è che centinaia di milioni di euro vengono spesi solo per tentare di far abbassare la testa alla popolazione della Val di Susa. L’inutilità dell’opera è conclamata, la sua natura ecocida e devastante è evidente, come è cristallino che quei soldi andrebbero spesi altrove, soprattutto a fronte di quanto sta accadendo.
La valle è ormai costellata di siti di interesse strategico, filo spinato e militari in divisa. Mentre affrontavamo i momenti più duri della pandemia tentando di prenderci cura della nostra comunità e chiedevamo risorse per la salute di tutti e di tutte, ci venivano inviate nuove truppe di occupazione per costruire un recinzione vuota.
Altre centinaia di migliaia di euro sono state sprecate per tentare di costruire un teorema giudiziario con tanto di intercettazioni, pedinamenti e due anni di lavoro che avrebbe dovuto dimostrare la presenza di un’associazione sovversiva all’interno del movimento No Tav. Un’operazione talmente romanzesca, ideologica e livorosa che non ha retto di fronte al Gip, ma che ha comunque portato in carcere Umberto e Giorgio e ai domiciliari Alice e Donato. Il tentativo chiaro era quello di delegittimare il movimento, provare ad operare una divisione tra buoni e cattivi e costringerci a più “miti” consigli.
La PM potrà ancora fare ricorso, ma poco importa perchè è l’evidenza dei fatti stampati nella storia e nel DNA del movimento No Tav a dire chiaramente chi siamo. Abbiamo resistito per anni, per generazioni e resisteremo ancora fino alla fine, un mese, un giorno, un’ora più di loro.
6 Aprile, ore 21, Assemblea Popolare No Tav al Polivalente di Bussoleno
16 Aprile, ore 14, Marcia Bussoleno – San Didero, partenza Piazza del Mercato